Le celebrazioni, oggi, nel luogo dove all'alba del conflitto il Cremlino giocò tutte le proprie carte per una rapida capitolazione ucraina. Ma l'assalto allo scalo di Hostomel si rivelò un azzardo per Mosca; impantanata a quel punto in una guerra dai tratti novecenteschi. La potenza evocativa di ciò che resta dell'aeroporto Antonov non è sfuggita al talento comunicativo di Zelensky; proprio qui ha dato il benvenuto a quei leader del G7 – Giorgia Meloni in testa – che hanno deciso di essere fisicamente presenti a Kiev, nel secondo anniversario della guerra. “L'Ucraina è decisamente più forte rispetto a due anni fa”, ha tuonato il leader del Paese aggredito; “vinceremo”, ha assicurato.
Senonché molte cose sono cambiate rispetto al 24 febbraio dello scorso anno. Un Medio Oriente sprofondato nel caos, che drena risorse ed attenzioni a Washington; e non ultimo il fallimento della controffensiva sulla quale Kiev pare avesse puntato anche per ragioni politiche: affinché fra gli alleati non iniziasse a prevalere la “stanchezza” per un confronto così impattante a livello globale.
Sul campo – al netto dei rovesci nel Mar Nero - sono ora invece i russi ad avere l'iniziativa; potendo contare su una superiorità numerica di truppe – e soprattutto munizionamento -, che ha portato infine al collasso delle difese di Avdiivka: città fortezza che pareva inespugnabile.
Oggi a Mosca notizie di arresti durante una protesta delle mogli dei soldati; riportata anche la consegna del corpo di Navalny alla madre. Nulla si sa invece dei funerali; né della possibile ricaduta della vicenda sul consenso intorno a Putin. Ma il Paese nel complesso pare ormai “settato” sulla prospettiva di una guerra di lunga durata.
Mentre nel frattempo sarebbe cambiato il clima in Ucraina; dove si registrano episodi di resistenza alla mobilitazione, senza contare i malumori per l'avvicendamento di un personaggio popolare come il generale Zaluzhny. Ma soprattutto pesa lo stallo del Congresso americano sul maxi-pacchetto d'aiuti voluto da Biden. Impasse che agita i decisori di Kiev; ed ovviata forse solo parzialmente dal rinnovato impegno delle cancellerie europee. L'Italia si è oggi aggiunta ad altri Paesi che avevano già firmato accordi per fornire garanzie di sicurezza all'Ucraina.