Tra i partiti c'è chi le amministrative le giudica come un exploit e chi riflette sulle strategie da correggere per il futuro. Ma uno dei dati principali è quello della 'diserzione' dalle urne. Quali percentuali avrebbero ottenuto i candidati sindaco se, nel calcolo delle percentuali di voti, si fosse tenuto conto del cosiddetto "partito dell'astensione"? Da Rimini fino alle grandi città di Roma, Milano, Torino e Bologna, nessuno degli aspiranti sindaci sarebbe riuscito a superare il 32% delle preferenze.
Andrea Gnassi, riconfermato primo cittadino di Rimini, sarebbe passato dal 56,99% che gli è valso la vittoria a un più basso 31,94%. Niente maggioranza necessaria alla rielezione, quindi, in base a questa ricostruzione ipotetica. Nelle grandi città lo scarto è ancora più evidente.
A Roma, Virginia Raggi, che ha portato il Movimento 5 Stelle a diventare il primo partito della Capitale, dovrebbe scambiare il suo 35,25% di voti con un 19,19%. Roberto Giachetti, sfidante del Pd, un 24,87% con un 13,54%. Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia avrebbe superato a stento l'11% dal 20,64% ricevuto. A Milano la sfida a due tra Giuseppe Sala e Stefano Parisi si sarebbe fermata al 22,26% ricevuto dall'ex commissario Expo candidato dal centrosinistra. E Parisi si sarebbe dovuto accontentare di un 21,77%, rispetto al 40,77% effettivo.
Torino ha visto primeggiare Piero Fassino per il centrosinistra. Seconda l'avversaria pentastellata Chiara Appendino. Nessuno dei due l'ha spuntata al primo turno. Fassino ha staccato Appendino di più di 10 punti, fermandosi a 41,83%, ma in caso di "partito dell'astensione" in gara la percentuale sarebbe scesa di quasi 20 punti percentuali, precipitando al 23%. Per l'esponente dei 5 Stelle il 30,92% si sarebbe sgonfiato fino al 16,99% delle preferenze. Poco più a sud, a Bologna, è aperta la lotta tra centro-sinistra e centro-destra, tra Virginio Merola (39,48% di voti ricevuti) e Lucia Borgonzoni (22,27%). Anche in questo caso, i due candidati avrebbero fermato la loro corsa, rispettivamente, a 22,87% e a 12,91%.
Mauro Torresi
Andrea Gnassi, riconfermato primo cittadino di Rimini, sarebbe passato dal 56,99% che gli è valso la vittoria a un più basso 31,94%. Niente maggioranza necessaria alla rielezione, quindi, in base a questa ricostruzione ipotetica. Nelle grandi città lo scarto è ancora più evidente.
A Roma, Virginia Raggi, che ha portato il Movimento 5 Stelle a diventare il primo partito della Capitale, dovrebbe scambiare il suo 35,25% di voti con un 19,19%. Roberto Giachetti, sfidante del Pd, un 24,87% con un 13,54%. Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia avrebbe superato a stento l'11% dal 20,64% ricevuto. A Milano la sfida a due tra Giuseppe Sala e Stefano Parisi si sarebbe fermata al 22,26% ricevuto dall'ex commissario Expo candidato dal centrosinistra. E Parisi si sarebbe dovuto accontentare di un 21,77%, rispetto al 40,77% effettivo.
Torino ha visto primeggiare Piero Fassino per il centrosinistra. Seconda l'avversaria pentastellata Chiara Appendino. Nessuno dei due l'ha spuntata al primo turno. Fassino ha staccato Appendino di più di 10 punti, fermandosi a 41,83%, ma in caso di "partito dell'astensione" in gara la percentuale sarebbe scesa di quasi 20 punti percentuali, precipitando al 23%. Per l'esponente dei 5 Stelle il 30,92% si sarebbe sgonfiato fino al 16,99% delle preferenze. Poco più a sud, a Bologna, è aperta la lotta tra centro-sinistra e centro-destra, tra Virginio Merola (39,48% di voti ricevuti) e Lucia Borgonzoni (22,27%). Anche in questo caso, i due candidati avrebbero fermato la loro corsa, rispettivamente, a 22,87% e a 12,91%.
Mauro Torresi
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