Ha vinto per un pugno di voti, Van der Bellen: un distacco di 31.000 preferenze su Norbert Hofer, che si era imposto al primo turno. Al ballottaggio, come in molti avevano previsto, si è rivelato decisivo il voto per corrispondenza, che ha ribaltato i 2 punti percentuali di vantaggio di Hofer, registrati nei seggi interni. Il computo finale parla di una maggioranza – del rappresentante dei Verdi – del 50,35%. Quanto abbia influito, sull'esito di questa tornata elettorale, la recente stretta del Governo austriaco sulla questione migratoria, è tema dibattuto tra gli analisti. Nel frattempo molti esponenti politici europei – tra i quali il ministro agli esteri italiano Gentiloni - tirano un sospiro di sollievo, consapevoli probabilmente della carica antisistema del Partito della Libertà di Hofer. Che è fortemente critico nei confronti dell'Unione Europea, della politica estera statunitense; che si oppone al TTIP e condanna in modo deciso le politiche migratorie dell'UE. Una proposta sovranista ed identitaria che ha convinto metà della popolazione austriaca; e questo nonostante la corsa in solitaria del partito della libertà, definito – dalla gran parte dei media - xenofobo e populista. Un dato politico sul quale riflettere e che l'ex socialdemocratico Van der Bellen di certo non sottovaluta. Quel che è certo è che il quadro partitico austriaco esce profondamente trasformato da queste presidenziali. Per Bruxelles – in ogni caso - pericolo scampato, in attesa del referendum sul Brexit
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