Per la prima volta dal 1990, la Birmania tornerà al voto domenica 7 novembre, una settimana prima del previsto termine degli arresti domiciliari di Aung San Suu Kyi. Si completa così l’ultimo tassello di quella che è stata definita la “road map verso la democrazia”, ma che, di fatto, è solo una facciata democratica per il regime di Bangkok. Alle elezioni non ci sarà l’ex partito di Suu Kyi. La lega nazionale per la democrazia ha infatti deciso per il boicottaggio dopo l’approvazione della legge elettorale che vieta le candidature di partiti di partiti con tra le loro fila contattati per reati penali. Senza l’icona della dissidenza e premio Nobel per la pace, l’opposizione si presenta frammentata, tra mille restrizioni ed intimidazioni. Ci sono altri duemila prigionieri politici accanto a Suu Kyi. Il vincitore scontato è il Partito unione solidarietà e sviluppo, che rappresenta la facciata civile della giunta militare.
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