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Botta e risposta tra Patto e Upr sullo sciopero

27 mag 2011
Lo sciopero era soprattutto politico. Lo dicono i Partiti del Patto assicurando di comprendere la preoccupazione di imprenditori e lavoratori per il difficile momento economico che stiamo vivendo. Il confronto su riforme fondamentali per il Paese richiede, sottolinea il Patto, l’apporto costruttivo di tutti ma anche serietà di comportamenti. Per settimane, scrive la maggioranza, si è istigata la protesta sociale accampando bugie, arrivando perfino a sostenere l’incidenza della riforma fiscale per euro 300 sullo stipendio dei lavoratori dipendenti. Un’invenzione non suffragata né dalle intenzioni del Governo, né tanto meno da un progetto di legge che è ancora da elaborare. Lo strumento dello sciopero, rimarca il Patto, andrebbe utilizzato come ultima condizione per manifestare il proprio dissenso e non come leva preventiva per condizionare il confronto. Per questa ragione, conclude la nota, non possiamo condividere una manifestazione organizzata per perseguire obiettivi più prettamente politici anziché dare risposte alle preoccupazioni dei lavoratori che vi hanno partecipato. Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata, commenta l’Upr sottolineando che la massiccia partecipazione al terzo sciopero generale dell’ ultimo anno e mezzo, non può essere classificata come un fatto normale da nessuno. Chi continua a ritenere che siamo davanti ad una crisi temporanea o è un irresponsabile, sottolinea una nota, o è intellettualmente disonesto. La fascia dei giovani tra i 20 e i 30 anni, elenca l’Upr, non ha prospettive serie di occupazione, quasi 500 aziende nel 2010 sono ricorse alla Cassa integrazione, oltre 1300 le società sospese o chiuse. In Consiglio, prosegue l’Upr, è stata bandita la politica estera e si è discussa la nomina di una decina di super dirigenti che dovrebbero rappresentare il "toccasana" ai mali della Pubblica Amministrazione. L'Upr conclude tornando a proporre un governo di responsabilità nazionale, con il solo obiettivo di recuperare il rapporto con l'Italia.

Sonia Tura

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