Superato il tabù, si torna al punto di partenza. La politica si trova con due istanze d'arengo in contrasto l'una con l'altra. Era settembre del 2019 quando, nel cuore della notte e in piena crisi di governo, passava a sorpresa con 18 voti a favore e 13 contrari l'istanza che liberalizzava la cannabis a scopo ricreativo. Poche ore dopo la notizia rimbalzava sugli organi di stampa italiani che si spingevano a paragonare San Marino - uno degli stati con le politiche più proibizionistiche in Europa - ad Amsterdam. A sostenere con forza questo cambio di rotta il Movimento Rete. Ci aveva già provato a dicembre del 2018 presentando un emendamento al bilancio di previsione per la Marijuana “da svago” in centro Storico. A distanza di qualche mese dalla bocciatura, complice la crisi e le frenetiche riunioni in corso, la liberalizzazione passa dalla finestra grazie ad un'istanza approvata con cinque voti di scarto. Rete festeggia, qualcun altro storce il naso e corre ai ripari presentando un'ulteriore istanza che mette in guardia da problematiche nel rapporto con l'Italia, chiedendo alla politica di non prevedere forme di maggior liberalizzazione rispetto al Bel Paese. A mezzanotte si accende il dibattito con la maggioranza che si divide: da una parte Rete sostenuta da Libera, un consigliere della DC e un altro di Noi Per la Repubblica.
Dall'altra tutti gli altri. Questa volta in aula ci sono 13 consiglieri in più ma lo scarto rimane lo stesso: l'istanza che mette i paletti sull'uso della cannabis passa per soli cinque voti. Libera annuncia che presenterà un progetto di legge: “Vedremo – dice Matteo Ciacci – se Rete sarà coerente e lo appoggerà”. Alle ragioni della maggioranza, del resto, su questioni etiche vale la regola della libertà di coscienza. È andata così anche se un progetto di legge richiederà una mediazione fra le varie anime del Consiglio.
“Il problema è politico”, commenta Matteo Zeppa che rimarca un dato: Si è utilizzato uno strumento di democrazia diretta per abrogare di fatto un'altra istanza prima che fossero scaduti i sei mesi previsti per tradurla legge”. Concetto ribadito nel riferimento del Segretario alla Sanità. Rete chiede una legge rimarcando le ricadute economiche, “da tener in considerazione – spiega Zeppa - in questo momento storico, ricordando le centinaia di telefonate di imprenditori giunte all'indomani dell'approvazione della precedente istanza".