Ciò che era stato annunciato da mesi come una riforma complessiva del mercato del lavoro, in realtà è un intervento stralcio su una materia, quella del lavoro, che andrebbe trattata in maniera complessiva.
Un intervento che, tra l'altro, si muove nel solco tracciato dalle politiche d’incentivazione di questi anni, che si sono dimostrate non capaci di generare un aumento dell'occupazione ma molto utili per le imprese, che hanno potuto scaricare buona parte del costo del lavoro sulla Cassa per gli Ammortizzatori Sociali.
La cosiddetta “legge sugli incentivi per l'occupazione”, recentemente elaborata dalla Segreteria di Belluzzi, continua infatti sulle tre direttrici di questi anni:
1. riduzione massiccia del costo del lavoro per le imprese che assumano disoccupati in mobilità, spostando parte del carico sui fondi pubblici;
2. possibilità di avere incentivi, pur se minori, anche in presenza di assunzioni a tempo determinato, di fatto facilitando un massiccio turnover di lavoratori, in buona parte finanziato dallo Stato, senza che si possano aprire prospettive di occupazione stabile per i disoccupati o di vero investimento nella formazione di risorse umane;
3. sgravi contributivi e abbattimenti retributivi vari per i lavoratori che non godano di ammortizzatori sociali, che oramai si ritroveranno a lavorare a stipendi decisamente ridotti anche qui senza vincoli di assunzione stabile.
Sono un esempio del primo e del secondo errore gli articoli 6, in particolare nel suo comma 5, gli articoli 7, 8 e 9 della proposta: in questi, si concedono alle imprese varie possibilità di assumere lavoratori in mobilità, in disoccupazione o appartenenti a categorie "deboli", talvolta pagando una parte minima dei costi salariali (col resto a carico dello Stato), talvolta usufruendo di sgravi contributivi, talvolta entrambi: ma spesso senza vincoli di assunzione definitiva (come nel già citato art.6 comma 5) ed in taluni casi senza obbligo di restituzione degli incentivi usufruiti.
Sono un esempio del terzo errore il già citato articolo 9 e soprattutto gli articoli 2, 3 e 4 dedicati all'apprendistato: le imprese potranno assumere giovani da formare o lavoratori "deboli" pagando loro un salario ridotto, anche di tanto, e se non li assumeranno a tempo indeterminato dovranno restituire solo gli sgravi contributivi, avendo goduto comunque degli abbattimenti salariali. Di fatto si smentisce la finalità dell'apprendistato, che dovrebbe essere quella di "investire" sul lavoratore in vista di una occupazione stabile.
La legge, infine, indebolisce gli ammortizzatori sociali oggi esistenti, riducendo l'importo della mobilità e soprattutto eliminando tre indennità previste dall'attuale legge sugli ammortizzatori sociali, quella di primo impiego, di reinserimento ed il salario di cittadinanza (pur nella versione depotenziata oggi esistente). Tre ammortizzatori destinati a categorie "deboli" di lavoratori che invece, secondo noi, andavano potenziati e migliorati per renderli davvero fruibili.
Non è questa secondo noi la strada da seguire. Così non si incentiva l'occupazione e l'investimento nelle risorse umane, ma solo lo spostamento del costo del lavoro sulle casse pubbliche.
Anche noi crediamo che in questa fase le imprese vadano aiutate ad incrementare l'occupazione. Ma non certo in questo modo. La nostra proposta è diversa.
Occorre prevedere incentivi contributivi e salariali crescenti al crescere del periodo di occupazione, ed incentivazioni fiscali specifiche mirate a quelle imprese che investano sull'occupazione stabile di sammarinesi e residenti, sulla loro formazione e sulla loro crescita professionale. Chi assume a tempo determinato può avere incentivi che crescono (e non che si riducono) con l'aumentare del periodo lavorato; chi assume a tempo indeterminato deve avere incentivi notevolmente superiori; chi non licenzia e non fa turnover continuo di lavoratori a spese dello Stato deve essere premiato con ulteriori incentivi, anche fiscali. Cosi forse riusciremo a far si che gli incentivi vengano davvero usati per l'investimento sui lavoratori e sulla loro crescita, e non come una indebita riduzione di costi.
Abbiamo già presentato nelle scorse settimane un progetto di legge in materia, purtroppo finora ignorato. Proveremo anche a ribaltare la filosofia di questo progetto di legge nella direzione sopra indicata, anche se le premesse non sono certo buone. E ci batteremo perché gli ammortizzatori sociali non vengano eliminati o indeboliti, ma resi più forti e più "condizionali", cioè capaci di aiutare chi ha davvero voglia di ricollocarsi e non chi questa voglia non ce l'ha.
Temiamo però purtroppo che la maggioranza e il governo vogliano continuare a muoversi su dettato di alcune associazioni imprenditoriali e che si voglia percorrere questa strada, già sperimentata senza successo, piuttosto che impegnarsi in un percorso più difficile ma più strutturato ed efficace. Se così fosse, il nostro mondo del lavoro continuerebbe a non offrire grandi prospettive ai disoccupati.
Comunicato Stampa Civico 10
Un intervento che, tra l'altro, si muove nel solco tracciato dalle politiche d’incentivazione di questi anni, che si sono dimostrate non capaci di generare un aumento dell'occupazione ma molto utili per le imprese, che hanno potuto scaricare buona parte del costo del lavoro sulla Cassa per gli Ammortizzatori Sociali.
La cosiddetta “legge sugli incentivi per l'occupazione”, recentemente elaborata dalla Segreteria di Belluzzi, continua infatti sulle tre direttrici di questi anni:
1. riduzione massiccia del costo del lavoro per le imprese che assumano disoccupati in mobilità, spostando parte del carico sui fondi pubblici;
2. possibilità di avere incentivi, pur se minori, anche in presenza di assunzioni a tempo determinato, di fatto facilitando un massiccio turnover di lavoratori, in buona parte finanziato dallo Stato, senza che si possano aprire prospettive di occupazione stabile per i disoccupati o di vero investimento nella formazione di risorse umane;
3. sgravi contributivi e abbattimenti retributivi vari per i lavoratori che non godano di ammortizzatori sociali, che oramai si ritroveranno a lavorare a stipendi decisamente ridotti anche qui senza vincoli di assunzione stabile.
Sono un esempio del primo e del secondo errore gli articoli 6, in particolare nel suo comma 5, gli articoli 7, 8 e 9 della proposta: in questi, si concedono alle imprese varie possibilità di assumere lavoratori in mobilità, in disoccupazione o appartenenti a categorie "deboli", talvolta pagando una parte minima dei costi salariali (col resto a carico dello Stato), talvolta usufruendo di sgravi contributivi, talvolta entrambi: ma spesso senza vincoli di assunzione definitiva (come nel già citato art.6 comma 5) ed in taluni casi senza obbligo di restituzione degli incentivi usufruiti.
Sono un esempio del terzo errore il già citato articolo 9 e soprattutto gli articoli 2, 3 e 4 dedicati all'apprendistato: le imprese potranno assumere giovani da formare o lavoratori "deboli" pagando loro un salario ridotto, anche di tanto, e se non li assumeranno a tempo indeterminato dovranno restituire solo gli sgravi contributivi, avendo goduto comunque degli abbattimenti salariali. Di fatto si smentisce la finalità dell'apprendistato, che dovrebbe essere quella di "investire" sul lavoratore in vista di una occupazione stabile.
La legge, infine, indebolisce gli ammortizzatori sociali oggi esistenti, riducendo l'importo della mobilità e soprattutto eliminando tre indennità previste dall'attuale legge sugli ammortizzatori sociali, quella di primo impiego, di reinserimento ed il salario di cittadinanza (pur nella versione depotenziata oggi esistente). Tre ammortizzatori destinati a categorie "deboli" di lavoratori che invece, secondo noi, andavano potenziati e migliorati per renderli davvero fruibili.
Non è questa secondo noi la strada da seguire. Così non si incentiva l'occupazione e l'investimento nelle risorse umane, ma solo lo spostamento del costo del lavoro sulle casse pubbliche.
Anche noi crediamo che in questa fase le imprese vadano aiutate ad incrementare l'occupazione. Ma non certo in questo modo. La nostra proposta è diversa.
Occorre prevedere incentivi contributivi e salariali crescenti al crescere del periodo di occupazione, ed incentivazioni fiscali specifiche mirate a quelle imprese che investano sull'occupazione stabile di sammarinesi e residenti, sulla loro formazione e sulla loro crescita professionale. Chi assume a tempo determinato può avere incentivi che crescono (e non che si riducono) con l'aumentare del periodo lavorato; chi assume a tempo indeterminato deve avere incentivi notevolmente superiori; chi non licenzia e non fa turnover continuo di lavoratori a spese dello Stato deve essere premiato con ulteriori incentivi, anche fiscali. Cosi forse riusciremo a far si che gli incentivi vengano davvero usati per l'investimento sui lavoratori e sulla loro crescita, e non come una indebita riduzione di costi.
Abbiamo già presentato nelle scorse settimane un progetto di legge in materia, purtroppo finora ignorato. Proveremo anche a ribaltare la filosofia di questo progetto di legge nella direzione sopra indicata, anche se le premesse non sono certo buone. E ci batteremo perché gli ammortizzatori sociali non vengano eliminati o indeboliti, ma resi più forti e più "condizionali", cioè capaci di aiutare chi ha davvero voglia di ricollocarsi e non chi questa voglia non ce l'ha.
Temiamo però purtroppo che la maggioranza e il governo vogliano continuare a muoversi su dettato di alcune associazioni imprenditoriali e che si voglia percorrere questa strada, già sperimentata senza successo, piuttosto che impegnarsi in un percorso più difficile ma più strutturato ed efficace. Se così fosse, il nostro mondo del lavoro continuerebbe a non offrire grandi prospettive ai disoccupati.
Comunicato Stampa Civico 10
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