Mozione di sfiducia: Renzi, "vile teatrino basato su tatticismi e menzogne"
In Comma Comunicazioni irrompe la pubblicazione sulla stampa di parte dei documenti segretati della Commissione Giustizia. Teodoro Lonfernini informa L'Aula di aver presentato denuncia alla gendarmeria per capire chi di fatto ha violato il segreto istruttorio. “Perché in quest'aula – afferma – c'è un responsabile. Vogliamo sapere chi è”. Esposto sottoscritto anche da Federico Pedini Amati che accusa la maggioranza di scandalizzarsi quando documenti scomodi compaiono su siti mentre, in questo caso, non ha preso posizioni.
Pierlugi Zanotti concorda con Lonfernini: vergognoso che certi documenti escano su organi di stampa. Bisogna scandalizzarsi sempre . “Il problema – spiega - è che quando escono documenti riservati come ordinanze coperte anche da segreto istruttorio, se ne parla in Consiglio si fanno serate pubbliche”. Alessandro Mancini fa un distinguo: “in questo caso si tratta di atti parlamentari coperti da segreto d'ufficio della commissione giustizia, emanazione del consiglio. Ecco perché quest'aula dovrebbe avere sul caso un'attenzione diversa”. E ricorda che in Udp i capigruppo di maggioranza, alla richiesta di prendere provvedimenti, si sono tirati indietro.
Si apre poi il comma sulla mozione di sfiducia e Marco Gatti solleva un problema di incompatibilità del neo dirigente del tribunale dal cui curriculum risulterebbe essere presidente del cda di una società. Prende quindi la parola Nicola Renzi. “E' una mozione politica che prescinde dai fatti perché si basa su assunti non documentabili”. Parla di vile teatrino basato su tatticismi e menzogna.
Evidenzia da subito un aspetto che definisce cruciale: i famosi verbali della commissione giustizia.
Dietro la volontà di tenerli nascosti c'è il tentativo – dice - di muovere attacchi politici facendo prevalere la menzogna sulla verità. “L'autonomia del tribunale distorta per manipolarla”. Chiede all'Aula che non si faccia un processo sommario e lancia un appello accorato a consiglieri: “pretendete di sapere come si sono svolti i fatti”. Difende il percorso per la nomina del magistrato dirigente, “non arbitrario ma oggettivo, documentato e trasparente, che ha voluto dare voce al tribunale per una soluzione. La legge – precisa - non dice poi nulla su quel percorso, tanto che già in passato si arrivò al Consiglio Giudiziario Plenario con candidature plurime, formulate seduta stante. Renzi punta il dito contro chi lavora per l'ingovernabilità del tribunale, con l'obiettivo di sabotare la politica giudiziaria, anteponendo all'interesse dei cittadini la volontà di uno scontro politico.
La giustizia torna quindi ad accendere gli animi in un dibattito che riporta l'attenzione su fatti già affrontati in Aula. Si torna alla revoca del magistrato dirigente con un ordine del giorno partendo dalla famosa commissione da cui iniziò tutto, dal famigerato 'addendum' dell'allora magistrato dirigente. La vicenda per Pasquale Valentini fu affrontata nel modo peggiore, portando in Consiglio Giudiziario, all'attenzione dei soggetti citati, quello che la Pierfelici aveva detto di loro.
Per Michele Muratori la mozione è mossa dall'odio che oggi – dice - porta a chiedere la sfiducia per questioni strumentali e che domani “vi farà inneggiare ai manganelli del vostro capo bastone. Parla di vile attacco personale, ieri a Celli, oggi a Renzi. Sbagliato per Marianna Bucci considerare scollegate le due mozioni di sfiducia. Entrambi i segretari – dice – hanno fatto scelte scellerate, nel sistema bancario così come nella giustizia. Poi precisa, “non abbiamo mai inveito contro la magistratura ma contro la politica che fa ingerenza nella magistratura”.
Alessandro Mancini attacca Renzi per non aver favorito condivisioni ma divisioni e spaccature, in Commissione Giustizia e nel Consiglio Giudiziario Plenario. “L'intervento diretto sulla nomina del magistrato dirigente – dice - l'ennesima prova”. “Chi le ha dato – chiede - il mandato?”
E lo accusa di aver trasformato la Commissione Affari di Giustizia e il Consiglio Giudiziario Plenario in meri luoghi di ratifica di decisioni prese altrove.
Matteo Fiorini ricorda di aver presieduto, come Capitano Reggente, ad accesi Consigli Giudiziari Plenari con confronto su quanto la politica avesse invaso il campo limitrofo e viceversa. Ricorda anche il Consiglio Giudiziario Ordinario dove colleghi del Magistrato Dirigente ne giudicarono la condotta, ritenendo avesse oltrepassato il confine, porgendo il fianco alle strumentalizzazioni politiche. “Un uomo di stato non può fare il tifoso”. “Chi e che cosa ha permesso che si arrivasse a tollerare che la presenza del Magistrato Dirigente in audizione in Commissione Affari di Giustizia diventasse un teatrino con domande e risposte basate sui “si dice”, sulle amicizie, persino sulle relazioni private? A chi giova sapere, in una commissione che avrebbe altri scopi, segreti da confessionale? O al limite da obbligo di denuncia? Il tribunale può influenzare l’agenda politica, ma con sentenze”. “Non rappresento il tifoso” – gli risponde Teodoro Lonfernini. “Rivendico con forza che sono qua perché sono e mi sento un uomo di stato”.
Riguardo a Guzzetta, “non è un magistrato dirigente e non ha l'esperienza come prevede la legge. Ottimo giudice superiore ma non possiamo dire che abbiamo ottemperato alla legge. Non è una questione politica o personale ma di rispetto della forma”.
MF