La DC dice basta alle schegge impazzite e fissa vincoli precisi per i suoi rappresentanti, siano essi consiglieri che esponenti degli organismi interni. La linea politica fissata dal partito, attraverso le regole democratiche del confronto e magari anche dello scontro, va rispettata; una volta raggiunto quello che si definisce un punto di sintesi, tutti sono tenuti ad onorarlo. Diversamente – spiegano i vertici DC – è il caos non più politica. Martedì sera, in via delle scalette, sono state sviscerate tutte le tappe politiche che hanno contrassegnano gli ultimi anni, passaggi ritenuti condizionanti e quindi responsabili della delicata situazione di instabilità politica. Un’analisi partita dalle elezioni del 1998, passando attraverso il divorzio del 2000 dal partito socialista, i successivi accordi con il Partito Progressista Democratico e i Socialisti per le Riforme, poi le elezioni anticipate del 2001, il Congresso democristiano, la bocciatura della norma antiribaltone e il nuovo ruolo di opposizione della DC, il governo lampo del maggio 2002, durato appena due ore. Fibrillazioni politiche per le quali – ha concluso la direzione democristiana – ci sono state evidenti responsabilità. Nella riunione precedente si era arrivati addirittura alla censura nei confronti di uno degli esponenti democristiani, invitato a rispettare le deliberazioni degli organismi e ad evitare esternazioni scomposte sia negli organi istituzionali che al di fuori di questi. Chiuso il confronto interno nessuno strascico inopportuno. Il riferimento è chiaramente rivolto ad alcuni soggetti democristiani in aperto dissenso con il proprio partito, con la linea della segreteria. Ma queste – hanno ribadito i vertici – sono le regole democratiche di un partito, chi non si sente di rispettarle tragga le sue conclusioni e decida di conseguenza. Da noi – affermano – non c’è più posto per chi intende piegare tutto e tutti al proprio volere.
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