“Dobbiamo recepire unilateralmente i contenuti più penalizzanti della direttiva di Bankitalia, senza contrattare né avere contropartite”. Questa la conclusione cui è giunta la minoranza, che per bocca del Capogruppo del Psd Claudio Felici esprime gravi preoccupazioni per la situazione che si è creata dopo che l’Agenzia di informazione finanziaria ha dato via libera allo scambio di informazioni. “La maggioranza – prosegue Felici – dice che è solo ai fini dell’antiriciclaggio, ma non è così, chiunque di noi, semplici cittadini, abbia la necessità di eseguire operazioni di qualsiasi tipo con l’estero, Italia compresa, è soggetto all’adeguata verifica. Abbiamo chiesto ai Capi di Stato che si superi questo clima da scaricabarile che sta portando avanti la maggioranza, perché i problemi partono da molto lontano, non solo da questi ultimi anni”. “L’impressione – aggiunge Ivan Foschi, Sinistra Unita – è che si sia rinunciato alle prerogative del segreto bancario senza contropartita. Inoltre l’Agenzia di informazione finanziaria non emette atti tecnici senza che vi siano precisi input politici dietro. E il Governo continua a tenere tutto segreto: anche la discussione prevista in Commissione Esteri, il 19 febbraio, non sarà pubblica”. “Le notizie che arrivano dal Governo sono contraddittorie – fa notare Pier Marino Mularoni, Democratici di Centro – il Segretario alle Finanze Gatti dice che non c’è contrattazione con l’Italia e il Segretario agli Esteri Mularoni dice che si tengono incontri ai massimi livelli: con chi? E’ dato saperlo? Il Ministro Frattini verrà qui per firmare un accordo o per fare una gita? Se c’è, come dice qualche membro di Governo, una accelerazione sull’accordo di cooperazione, possiamo sapere su quali basi si lavora, se sulla bozza del 2006, del 2008 o se si è ripartiti da zero?”. La disamina di Monica Bollini, Sammarinesi per la Libertà, è ancor più spietata: “In ballo non c’è solo l’operatività del sistema bancario – spiega - ma ci sono gravi conseguenze fiscali. Il 90% delle nostre imprese è in mano ad italiani, che hanno l’attività qui e la residenza in Italia, quindi ora saranno soggetti alla verifica fiscale, e l’Italia considererà queste imprese come esterovestite, con accertamenti fiscali che riguardano gli ultimi 5 anni. Ecco perché l’accordo di cooperazione prevedeva un capitolo in cui si diceva che chi svolgeva la propria attività qui non dovesse essere oggetto di accertamento fiscale nel Paese di residenza. Rendiamoci conto – conclude – di cosa significherebbe questa vessazione fiscale per la nostra economia”.
Francesca Biliotti
Francesca Biliotti
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