Ricorre oggi la “Giornata del ricordo” istituita dal Consiglio Grande e Generale per commemorare le vittime delle foibe. “Soffermarci a riflettere su questo momento celebrativo – scrive la Reggenza – significa esprimere vicinanza verso chi ha percorso quel cammino di umiliazione, di dolore e di morte. Significa rinnovare, per i Capi di Stato, l’impegno a “conservarne e trasmetterne la memoria”.
Prima erano cavità carsiche, di origine naturale, ora dopo aver sollevato il velo su quella strage sono diventate le foibe. Teatro di una delle peggiori carneficine del ‘900, per troppo tempo ignorata. 10.000 uomini, donne, bambini ed anziani torturati, uccisi e poi gettati dentro le voragini naturali disseminate sull’altopiano istriano. 350.000 italiani, dell’Istria e della Dalmazia, costretti ad abbandonare tutto e fuggire per non essere massacrati dalle bande partigiane di Tito, colpevoli unicamente - nella maggior parte dei casi - di essere italiani, in un momento storico di sconfitta. La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943. Una persecuzione proseguita fino alla primavera del 1947, quando viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Una ferita ancora aperta proprio perché per troppo tempo ignorata.
Prima erano cavità carsiche, di origine naturale, ora dopo aver sollevato il velo su quella strage sono diventate le foibe. Teatro di una delle peggiori carneficine del ‘900, per troppo tempo ignorata. 10.000 uomini, donne, bambini ed anziani torturati, uccisi e poi gettati dentro le voragini naturali disseminate sull’altopiano istriano. 350.000 italiani, dell’Istria e della Dalmazia, costretti ad abbandonare tutto e fuggire per non essere massacrati dalle bande partigiane di Tito, colpevoli unicamente - nella maggior parte dei casi - di essere italiani, in un momento storico di sconfitta. La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943. Una persecuzione proseguita fino alla primavera del 1947, quando viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Una ferita ancora aperta proprio perché per troppo tempo ignorata.
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