Provvedimenti tampone - spiegano i due esponenti di Rifondazione - per intervenire in una situazione che invece deve essere affrontata nella sua globalità. Il primo elaborato prevede un adeguamento degli assegni familiari: un aumento pari al 20% delle cifre attuali per tutti i lavoratori dipendenti o pensionati, che dovrebbe salire – si propone il testo presentato – dell’80% per quelle famiglie che possono contare su entrate complessive inferiori ai 10 mila euro l’anno. Se poi i figli hanno meno di 3 anni allora l’intervento economico dovrebbe raddoppiare. Questo perché, spiegano Ivan Foschi e Vanessa Muratori, lo stato economico di molte famiglie è al disotto di una certa media: ci sono nuclei familiari alle prese con situazioni di difficoltà se non addirittura di emergenza. Il provvedimento – spiegano – interesserebbe all’incirca 3 mila persone, delle quali oltre 2000 con un posto di lavoro precario e 750 i pensionati soli e dunque monoreddito. Due anni fa una istanza d’arengo tesa ad ottenere un adeguamento degli assegni famigliari venne respinta dall’Assemblea Consigliare, lo scorso anno, in occasione del dibattito sulla finanziaria. Rifondazione Comunista presentò un emendamento dello stesso tenore ma non venne accolto. Ed oggi i comunisti ci riprovano con un testo composto da 4 articoli, in considerazione – si legge nella relazione introduttiva – della significativa riduzione della capacità di spesa per le famiglie a reddito fisso per effetto di aumento contrattuali inferiori all’indice dell’inflazione reale ed una carente politica di contenimento dei prezzi. L’altro provvedimento presentato riguarda invece i lavoratori precari della Pubblica Amministrazione e i loro giorni di congedo ordinario, ferie e permessi. La diversa natura contrattuale – spiega Rifondazione – causa disparità di trattamento nel calcolo dei giorni a disposizione; l’intervento legislativo si propone di sanare questa perequazione introducendo gli stessi calcoli del settore privato: 15 giorni all’anno dopo 12 mesi di servizio, 20 dopo 24 mesi e 26 giorni quando la collaborazione supera i 36 mesi, anche non continuativi. Anche in questo caso – dichiarano i firmatari – si tratterebbe di adeguamenti temporanei, in attesa di una riforma complessiva.
Riproduzione riservata ©