In coerenza con le posizioni assunte nelle ultime settimane, il Partito Socialista ha votato contro alla riforma tributaria.
Erano evidenti la necessità e l’urgenza di adottare un nuovo impianto normativo in materia fiscale, dato che la riforma del 1984 era stata concepita in un contesto socio-economico profondamente diverso rispetto a quello attuale.
Tuttavia la strada proposta dal governo non risponde assolutamente alle reali esigenze del Paese in termini di equità, competitività di sistema e allargamento della base imponibile. Vengono colpite maggiormente le fasce medie dei redditi da lavoro dipendente. Manca la visione di un nuovo modello di sviluppo. Le regole sull’accertamento sono indefinite e fumose.
Si è persa l’occasione di riorganizzare complessivamente il fisco sammarinese, partendo da un patto tra Stato e contribuenti basato sul mantenimento di aliquote basse a fronte dell’emersione di tutti i redditi imponibili e dal passaggio al regime Iva.
Il governo, purtroppo, ha messo in campo un approccio più minimale, limitandosi ad aggiustare (al rialzo) le aliquote sui redditi da lavoro dipendente con l’obbiettivo di fare cassa. Si poteva e si doveva mirare ad un traguardo molto più ambizioso, ma le contraddizioni interne alla maggioranza e l’appiattimento sulla Csu hanno di fatto prodotto il compromesso al ribasso rappresentato da una riforma che riforma poco o nulla.
Peccato che l’autoreferenzialità di governo e maggioranza abbia impedito un confronto serio e responsabile con le forze di opposizione. Forse con uno sforzo maggiore si poteva realizzare una riforma tributaria più condivisa politicamente e più rispondente alla situazione di grave crisi che sta attraversando la nostra Repubblica.
Erano evidenti la necessità e l’urgenza di adottare un nuovo impianto normativo in materia fiscale, dato che la riforma del 1984 era stata concepita in un contesto socio-economico profondamente diverso rispetto a quello attuale.
Tuttavia la strada proposta dal governo non risponde assolutamente alle reali esigenze del Paese in termini di equità, competitività di sistema e allargamento della base imponibile. Vengono colpite maggiormente le fasce medie dei redditi da lavoro dipendente. Manca la visione di un nuovo modello di sviluppo. Le regole sull’accertamento sono indefinite e fumose.
Si è persa l’occasione di riorganizzare complessivamente il fisco sammarinese, partendo da un patto tra Stato e contribuenti basato sul mantenimento di aliquote basse a fronte dell’emersione di tutti i redditi imponibili e dal passaggio al regime Iva.
Il governo, purtroppo, ha messo in campo un approccio più minimale, limitandosi ad aggiustare (al rialzo) le aliquote sui redditi da lavoro dipendente con l’obbiettivo di fare cassa. Si poteva e si doveva mirare ad un traguardo molto più ambizioso, ma le contraddizioni interne alla maggioranza e l’appiattimento sulla Csu hanno di fatto prodotto il compromesso al ribasso rappresentato da una riforma che riforma poco o nulla.
Peccato che l’autoreferenzialità di governo e maggioranza abbia impedito un confronto serio e responsabile con le forze di opposizione. Forse con uno sforzo maggiore si poteva realizzare una riforma tributaria più condivisa politicamente e più rispondente alla situazione di grave crisi che sta attraversando la nostra Repubblica.
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