L'attuale regolamento risale al 1981, con modifiche nel 94 per dare un limite agli interventi in aula e un anno più tardi con l'istituzione delle commissioni permanenti che, di fatto, hanno snellito i lavori parlamentari esaminando in sede referente i progetti di legge in seconda lettura e le mozioni frutto delle interpellanze senza risposta soddisfacente. Ma non è abbastanza. Lo dicono le 66 giornate di consiglio dello scorso anno, cui si aggiungono le ore di commissione e impegni istituzionali, che si moltiplicano per i gruppi minori. La lunghezza delle sedute consiliari sta diventando controproducente, su questo sono tutti d'accordo, ma non si è ancora trovata una sintesi tra le diverse posizioni. e dire che ci si lavora da oltre 10 anni. Dal 2006 la riforma è in mano ai gruppi consiliari, ma una decisa strerzata è arrivata con l'ingresso dei movimenti in aula. Giungendo a una bozza di una settantina di articoli. Ora all'esame dei rispettivi partiti. è chiaro, per maggioranza e opposizione, che deve scaturirne un testo condiviso, perchè si tratta delle regole del gioco. il nodo però restano i tempi. Si pensa di ridurre gli interventi dei consiglieri anche di un terzo, o demandare alle commissioni l'esame delle istanze d'arengo, almeno quelle di carattere territoriale, oppure consentire un solo intervento per gruppo consiliare. Un impegno della minoranza è ragionare su tempi contingentati a seconda dell'importanza degli argomenti. Sul tavolo della politica ci sono anche altri aspetti: come il differente trattamento tra consiglieri dipendenti pubblici e privati, e quello emerso in occasione delle ultime maratone consiliari: Palazzo Pubblico non sarebbe logisticamente preparato ad accogliere sedute così lunghe.
Giovanna Bartolucci
Giovanna Bartolucci
Riproduzione riservata ©