Chi ricorda ancora quei dischetti neri, piccoli e fragili che giravano per le mani degli adolescenti fino a qualche anno fa? Ormai totalmente dimenticati a favore dei più moderni supporti di riproduzione della musica.
I 45 giri sono diventati in pratica una rarità o un cimelio buono per i nostalgici, un po' sulla scia di quel personaggio dei fumetti di fantascienza, Nathan Never, che ama rivangare il passato attraverso la collezione di vinili.
Ma il 45 giri non è solo un disco di piccole dimensioni, è anche il simbolo di un periodo, la proiezione di un'epoca e soprattutto un modo ben preciso di fruire la musica, in linea con l'affermarsi sempre più esteso della "musica di plastica", ossia la musica leggera, le canzoni veloci usa e getta, l'effimero successo dell'estate.
Disco maneggevole, pratico ed economico insomma, il 45 giri nasce nel 1945 e si affianca sul mercato al già da tempo affermato e onnipresente 78 giri. Nel giro di pochi anni, però, la svolta. L'anno è il 1954 quando, per la prima volta, si vendono più 45 giri che 78 giri.
È il momento storico in cui il business discografico compie il grande balzo in avanti. L'ordine di grandezza delle vendite passa dalle migliaia ai milioni, configurando la fruizione di massa della musica. Nasce il monopolio delle grandi case, con produzioni diversificate per venire incontro alle esigenze culturali e di svago di tutte le fasce sociali.
Indirettamente, ciò ha un effetto tellurico sulla storia della musica popolare: le grandi case tendono a monopolizzare la produzione e a gestire in modo "economicistico" la creazione e la diffusione della musica.
In questo senso, le "major" hanno tutto l'interesse a mantenere i gusti del pubblico immobili, legati sempre alla stessa forma musicale (la canzone), proponendo produzioni facili e accessibili a tutti. Le case che controllano il mercato si chiamano Columbia (New York), RCA (New York), Decca (1932, New York), Capitol (fondata nel 1942 ad Hollywood), Mercury (1946, Chicago), MGM (1946, Hollywood).