Un cocktail micidiale di arbitro, errori e paura atavica di sentirsi finalmente normale, ricaccia il San Marino all’inferno. Non è bastato un gol di Nossa, dopo soli cinque minuti, alla squadra di Nicoletti per avere ragione di un Gallipoli bravo a girar palla, ma alla fine della fiera pericoloso solo sulle gentili concessioni dei biancoazzurri, ai quali, ad onor del vero, è stato tolto qualcosa. Tra due mezzi rigori e un quasi gol regolare, non è possibile portare a casa la miseria di un calcio d’angolo. La squadra denuncia un furto, il tecnico fa bene a guardare altre cose. Perché dopo oltre un mese di gestione Nicoletti un primo generalissimo bilancio è doveroso tracciarlo: il San Marino ha scoperto la rabbia, la voglia di lottare su ogni pallone, ha scoperto interessanti meccanismi di uscita in ripartenza. Ma ancora, e non è un bel segnale, è solito spegnere la luce e smettere di ragionare, specie nei momenti di difficoltà, nei quali inspiegabilmente la squadra si abbassa a protezione di ciò che ha faticosamente guadagnato nelle mezzore di calcio più che dignitoso. L’impressione di chi vede dalla tribuna è quella di un gruppo che avrebbe bisogno di un risultato ad effetto, magari un colpo non meritato, per invertire il senso di marcia. Una squadra, che in categoria ci sta al pelo, non può inoltre permettersi di finire sempre sulle ginocchia. I gol arrivano, statistiche alla mano, sempre nei finali di tempo. I allora mali vengono da lontano. Oltre che sulla testa dei giocatori, lo staff dovrà anche lavorare su gambe che danno l’impressione di essere malpreparate.
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