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Lacrime e cori, il pallone saluta Paolo Rossi

12 dic 2020

I ragazzi dell'82 lo portano a spalla, mentre fuori la gente urla: "Paolo, Paolo". Ci sono Tardelli e Cabrini, Altobelli e Bruno Conti, Antognoni, Maldini, Bergomi e Massimo Bonini. E chissà quanti altri hanno preferito restare nascosti ad omaggiare l'amico. Ai suoi gol devono tutti un Mondiale, alla sua riservatezza e discrezione lo stupore. Perchè molti dei sui compagni nemmeno sapevano fosse malato.


Paolo aveva un sorriso e una parola per tutte e a non lamentarsi si era abituato. Già nel 1980 quando patì una squalifica per una strano caso di scommesse mai chiarito e che comunque non sentì mai sua. Incassava e non si lamentava nemmeno quando i difensori gli si avventavano sulle caviglie o quando il ginocchio si gonfiava e all'allenatore diceva. "Mister, ce la faccio, aspetti un altro po'".

In chiesa la moglie, i famigliari, una delegazione del Vicenza (la sua seconda famiglia) e il Presidente Federale Gravina che sulla bara ha deposto la maglia numero 20. Quella con la quale ha fatto piangere il Brasile. Aveva raccontato, Paolo, di quella rinascita, di quel 1982 cavalcato quando molti lo davano finito. Trionfato e dedicato alla gente. Ricordava più gli abbracci dei tifosi che i gol sul campo. Perché si sentiva uno di loro. Amava definirsi "normale", che poi fa rima con "mondiale".


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