Praticamente dimenticata all’inizio del 17° secolo – l’assemblea legislativa composta dai pater familias denominata Arengo – non ebbe più occasione di esprimersi per oltre 300 anni. Silenzio che fu chiaro segnale di una profonda e prolungata crisi istituzionale, politica, civile e sociale. Il Consiglio dei 60 entrò in una fase di progressivo decadimento e gli Statuti, in precedenza soggetti a periodiche revisioni, rimasero inalterati. Le sedute consiliari si svolgevano raramente in ragione delle assenze e delle mancate sostituzioni di membri defunti o dimessi. Solo all’inizio del ‘900 l’istituto riapparve nel pieno della propria sovranità per la restaurazione della democrazia a San Marino. I capi-famiglia tornarono a votare il 25 marzo del 1906. Data storica che ricorda il ripristino della votazione popolare per l’elezione dei membri del Consiglio Grande e Generale. Votazione che restò nelle mani dell’Arengo e che per la prima volta si svolse il 10 giugno dello stesso anno. Appena tre anni dopo vide la partecipazione di tutti i cittadini maggiorenni, escluse le donne, gli interdetti e i condannati. Il popolo sammarinese, identificato prima nell’assemblea dei capi famiglia, poi nell’intero corpo elettorale, si riprese così integralmente il proprio potere naturale.
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