Quel 9 novembre non rappresentò la “fine della Storia”, come sostenne Francis Fukuyama, che insieme ad altri analisti proclamò il trionfo del capitalismo e del liberalismo occidentale su tutti gli altri sistemi rivali. Non ci potranno essere più guerre – si diceva allora -, e invece – solo 10 anni dopo – la Nato bombardava Belgrado senza alcun mandato dell'ONU. La caduta del Muro rappresentò – e questo è innegabile - la fine della Guerra Fredda, sostituita tuttavia dall'unipolarismo americano, e portò alla riunificazione tedesca. A dare il via alle celebrazioni, a Berlino, la cancelliera Angela Merkel, in Bernauer Strasse. Alla Porta di Brandeburgo gli eventi principali e gli oltre 7000 palloni, illuminati da venerdì scorso, saranno lasciati volare: basta steccati ideologici, basta chiusure, sembrerebbe il messaggio. Eppure, dell'edificazione di un nuovo muro, in Europa, si discute da tempo: dovrà segnare il confine tra Ucraina e Russia, affermano le autorità di Kiev. Del resto Michail Gorbaciov lo ha detto chiaramente in queste ore a Berlino: “siamo sull'orlo di una nuova guerra fredda”. Il propugnatore della Perestroika non ha dubbi sulle responsabilità: “l'espansione ad est della Nato, la questione kosovara, il piano di difesa missilistico, le intrusioni in Ucraina; gli interessi russi sono stati sistematicamente ignorati dagli USA”. “A soffrire di questa situazione – afferma Gorbaciov – è l'Europa, la nostra casa comune”.
Gianmarco Morosini
Gianmarco Morosini
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