Ci sono ancora in circolazione, liberi, killer della banda della Uno bianca, che tra il 1987 e il '94 terrorizzò la Romagna e le Marche con 24 omicidi, centinaia di feriti, 1 miliardo 928 milioni di bottino. Quei delitti fanno parte della strategia terroristica che la mafia scatenò contro lo Stato con gli attentati di Firenze a via Dei Georgofili, a Milano, in via Palestro, e a Roma, via Fauro, basiliche del Laterano e del Velabro. A sostenerlo è il presidente del Tribunale di Teramo Giovanni Spinosa, in passato Pm a Bologna, nel libro “L'Italia della Uno bianca. Una storia politica e di mafia ancora tutta da raccontare”. Spinosa fu titolare di alcune indagini sulla Uno bianca: gli assalti alle Coop, in cui era già stato condannato un gruppo di catanesi, e l'eccidio dei tre Carabinieri al Pilastro: era in corso un processo a Marco Medda, legato a Raffele Cutolo, e a giovani del luogo. In entrambi i casi furono tutti assolti dopo l'arresto dei fratelli Savi - Roberto e Alberto, poliziotti a Bologna e Rimini, e Fabio - e di altri tre poliziotti. In giro - scrive Spinosa nel libro - ci sono assassini che hanno firmato i peggiori delitti, talvolta da soli, talvolta in compagnia dei Savi. E personaggi che hanno gestito le trame più oscure della Uno bianca e di cui si sono perse le tracce: forse non ci si è neanche accorti della loro esistenza. Un grande vuoto. Non solo nei banchi degli imputati. Parallelamente alla stagione terroristica della guerra totale allo Stato – spiega Spinosa - Cosa nostra coltivava una strategia di depistaggio e confusione dietro alla quale s'intravedono presenze aliene. Sono le “menti raffinatissime” su cui i collaboratori di giustizia non hanno fatto luce adeguata, che nel giugno 1989 attentavano alla vita di Giovanni Falcone. Menti come quelle che intanto costruivano una tela fatta di bombe, terrore, omicidi, bugie e depistaggi, una tela chiamata Uno bianca. I dieci anni di furia omicida di Cosa nostra (Natale 1984-aprile 1994), si sovrappongono quasi integralmente ai sette anni di furore omicida della Uno bianca. Per Spinosa i Savi erano trafficanti-fornitori di armi e anche, ma non sempre, esecutori dei sanguinosi assalti. Eterodiretti da una regia superiore, di cui loro stessi probabilmente ignoravano progetti e volti. Secondo Spinosa hanno coperto complici e mandanti, anche perché la mancanza apparente di legami con la criminalità organizzata ha evitato loro il carcere duro. Nel 1994 il decennio stragista di Cosa nostra e dei suoi alleati si chiudeva. Pochi mesi dopo, una concomitanza di circostanze del tutto fortuite poneva fine alla corsa assassina della Uno bianca. Su come le indagini hanno portato ai Savi Spinosa vede “un'inquietante presenza aliena”. Le mancate indagini su questa presenza, afferma, hanno il sapore di un prezzo pagato a chi, in un modo o nell'altro, ha consegnato i Savi alle forze di Polizia. E' una storia che assume il profumo delle tante mediazioni dello Stato con persone con le quali non è lecita alcuna trattativa. Ed è una storia antica.
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