La settimana scorsa la ho passata tutta a Roma. Immagino che il vostro interesse in merito sia molto relativo - per la serie appunto del "chi se ne frega", tanto per restare in ambito romano - se non fosse per. C'è sempre un "se non fosse per", infatti, che trasforma un fatto in una notizia.
Il "se non fosse per" della settimana trascorsa a Roma è che più volte, in contesti diversi ma tutti qualificati, mi è stato chiesto come fosse mai possibile che San Marino da tanti anni potesse sopravvivere, essendo nella black list italiana. Quando rispondevo che in black list San Marino non lo era più da parecchio tempo, i più fiduciosi si stupivano, i meno fiduciosi impugnavano il telefono cercando conferme sul web, conferme che peraltro trovavano anche con una certa fatica.
Insomma, di San Marino si sa poco e quel che si sa lo si sa pure male. La responsabilità è di chi è, probabilmente di tutti, ma il problema reale oggi è come intervenire per modificare uno stato di cose che sfregia pesantemente la reputation, come la chiamano gli analisti della finanza internazionale che ne conoscono bene peso e valore, quando si tratta di soldi.
Altri esempi.
San Marino è al decimo posto - sono dati del 2018, quindi i più recenti al momento - tra gli Stati per Pil pro capite, a parità potere di acquisto. Per me è arabo, ma uno che di queste cose ne capisce parecchio - oltre tutto vivendo fra Svizzera, Usa, Cina e televisione - l'altra sera a cena alle Capanne da Ottavio al Ghetto, mi ha detto che per un dato del genere il 90% degli altri Stati del Pianeta Terra si venderebbero la nonna.
Oppure, basti citare le nuove opportunità per le imprese, opportunità considerate semi clandestine fuori da San Marino. Imposte sul reddito di impresa al 17%; deducibilità degli investimenti in impianti e macchinari dal reddito imponibile delle società; novità recente, possibilità di intestarsi immobili anche per le persone fisiche straniere (prima era concesso solo ai residenti e/o imprese sammarinesi); il costo del lavoro è simile agli altri paesi.
Insomma, dovrebbe esserci la fila ai confini per venire a investire qui. Perché questo non accade? Sicuramente una burocrazia che sembra scoraggiare più che incoraggiare e ancora la necessità di istituzioni affidabili, un contesto sociale che non ricordi quotidianamente una rissa allo stadio e, di nuovo, una reputation da ricostruire e adeguare, strutture di ricezione adeguate, una nuova reale cultura del lavoro e non solo del guadagno che peraltro, senza lavoro, dura poco.
Nessuno di noi affiderebbe i suoi soldi - diciamocelo francamente - a chi non conosce e di cui per di più sente parlare non benissimo.
Le idee non mancano. Jean Todt, da noi in tv accompagnato da Teodoro Lonfernini, sosteneva che una pista di kart che sia anche scuola di sicurezza a livello internazionale per i più piccoli sarebbe una preziosa eccellenza, in un mondo che vede morire sulle strade ogni anno un milione e quattrocentomila persone.
Insomma, parlare di San Marino è come parlare di una casa che offre molte opportunità al suo interno, ma è circondata da un muro senza porte, portoni o cancelli, tanto per chiudere in metafora. Nessuno sa, nessuno entra.
cr