I membri dell’Esecutivo, nella conferenza stampa convocata ieri nel pomeriggio, si sono detti “indignati”, per come è stata condotta l’operazione, che ha portato all’esecuzione di 11 ordinanze di custodia cautelare. Il meccanismo – secondo la Procura di Roma – era semplice. Alcune società di intermediazione finanziaria rilasciavano polizze fideiussorie senza offrire effettive garanzie ai beneficiari. I proventi – 7 milioni e mezzo di euro – venivano spartiti tra i membri dell’organizzazione. E qui viene citata San Marino. I soldi ricavati dalla truffa, infatti, sarebbero stati trasferiti su conti correnti accesi presso banche della Repubblica. La Guardia di Finanza parla di un referente dell’organizzazione a San Marino: cittadino italiano ma residente sul Titano. L’uomo - ora in carcere – riceveva una percentuale del 5% sui proventi. Le autorità giudiziarie sammarinesi – ha spiegato ieri la Guardia di Finanza – non sono state coinvolte nell’operazione. “ma questo è falso” – hanno ribattuto i membri del Governo in conferenza stampa – abbiamo collaborato, la rogatoria era già stata evasa dal nostro Tribunale”. Ma la cosa che ha indignato maggiormente l’esecutivo è stata la visita della Guardia di Finanza al Consolato di Rimini. Inizialmente si era parlato di una vera e propria perquisizione. “In realtà – fa sapere il Governo – si è trattato di una richiesta di informazioni. Le Fiamme Gialle avevano un mandato di perquisizione nei confronti di una persona che risulta domiciliata fiscalmente al consolato; ma si tratta di un equivoco: il domicilio fiscale è una procedura concordata con l’Agenzia delle Entrate di Rimini, al Consolato non c’è nessun documento fiscale utile alle indagini”.
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