E’ probabilmente la più bella pagina di storia scritta dai sammarinesi. Nell’estate del 44, con una popolazione che non superava i 15mila abitanti, la Repubblica diede asilo e protezione a 100mila rifugiati. Le prime colonne di sfollati cominciarono ad affluire nel novembre del 43, dopo i pesanti bombardamenti alla città di Rimini. Da quel momento, un flusso inarrestabile di persone si spostò verso la Repubblica nella speranza di salvarsi la vita. In pochissimo tempo, tutte le case disponibili furono occupate, ma il rifugio più ambito da tutti era costituito dalle gallerie della ferrovia. Qui la vita era tutt’altro che facile, ma per lo meno era decorosa. I primi ad occuparle furono gli stessi sammarinesi che non si sentivano più sicuri all’interno delle loro case. Ma dopo il bombardamento del 26 giugno la situazione si fece caotica perché a San Marino cominciarono a piovere le granate dei tiri incrociati. Tutti cercavano rifugio nelle gallerie perché ritenute più sicure. Nel novembre del 44 si decise di censire tutti gli sfollati sul territorio e chi li ospitava era tenuto a denunciarne l’esistenza perché gli Alleati si opponevano ad un ritorno in massa verso zone completamente devastate dai combattimenti. Scomparso il pericolo in molti celebrarono il coraggio della nostra piccola Repubblica. Oggi, più che mai, è necessario apprezzare il sacrificio di un popolo che si affama per contribuire a sfamare, che raccoglie i perseguitati della guerra senza discriminazione. Non si trattava di mobilitare eserciti, ma la carità di un piccolo popolo che ha parlato ai grandi.
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