Il cessate il fuoco – se sarà approvato dalle parti in conflitto – potrebbe scattare già a mezzanotte, riguarderà tutta la Siria, ma non comprenderà le organizzazioni terroristiche: l'ISIS, ovviamente, ma anche – a quanto pare – la variegata galassia di milizie affiliate ad al Qaeda, che – dopo la sconfitta ad Aleppo Est - hanno fatto della Regione di Idlib, la propria roccaforte. Dopo 5 anni di battaglie sanguinose, questa volta sembra esserci qualche barlume di speranza per una buona riuscita della tregua. L'accordo, infatti, è stato raggiunto da due player importanti nell'area: la Russia – che esercita un'influenza decisiva su Assad -, e la Turchia, che per lungo tempo aveva consentito il passaggio, attraverso i propri confini, di bande jihadiste, con lo scopo di giungere ad un regime change a Damasco. L'agenda di politica estera di Erdogan, tuttavia, è radicalmente cambiata da qualche tempo a questa parte, complici il fallito golpe nei suoi confronti e i rovesci sui campi di battaglia delle formazioni ribelli. Da qui il nuovo corso di relazioni con Mosca, e l'inasprimento dei rapporti con gli Stati Uniti, accusati ieri senza mezzi termini – dal Presidente turco – di aver fornito sostegno all'ISIS. Washington, insomma, insieme alle Monarchie del Golfo, è ormai tagliata fuori dalle trattative sulla stabilizzazione della Siria. Uno stato di cose sostanzialmente accettato dallo stesso inviato speciale dell'ONU. Staffan De Mistura avrebbe dichiarato di sostenere i risultati degli incontri fra Russia, Turchia e Iran dello scorso 20 dicembre, ed espresso la disponibilità delle Nazioni Unite di aiutare la loro attuazione. Se l’accordo reggerà, il Governo siriano, e l'opposizione, cominceranno tra un mese i negoziati politici ad Astana, in Kazakhstan, per una definitiva cessazione delle ostilità
Riproduzione riservata ©