Ormai è una tragica consuetudine: ogniqualvolta le forze jihadiste, che imperversano in Siria, subiscono rovesci sul campo di battaglia, arrivano gli attentati. In questi giorni, dopo furiosi combattimenti, l'Esercito – supportato da Hezbollah – era riuscito a chiudere nuovamente l'accerchiamento della zona di Aleppo, ancora controllata dalle forze anti-Assad, infliggendo una dura sconfitta ai miliziani del ramo siriano di al Qaida. A nord, invece, a seguito di una fulminea azione militare di Ankara, l'Isis aveva perso tutti i suoi territori al confine turco. Nella mattinata di oggi – puntuali – si sono verificati una serie di attentati dinamitardi, che hanno provocato oltre 40 vittime, soprattutto civili. 2 ordigni sono esplosi a Tartus - che tra l'altro ospita una base navale russa -; autobombe sono state fatte detonare anche nei pressi di Homs, a Sabbura, e ad al-Hasaka. Quest'ultima azione è stata rivendicata dall'ISIS. Una spirale di violenza che sembra non avere fine, anche perché – al G20 di Hangzhou, in Cina - Mosca e Washington non hanno raggiunto un'intesa sulla crisi siriana, con divergenze a cominciare dal cessate il fuoco. “Siamo sulla giusta strada”, ha comunque detto Vladimir Putin alla stampa, sottolineando che un accordo con gli Stati Uniti può essere raggiunto entro “pochi giorni”. Ma i grandi della Terra non hanno discusso solo di guerre. Il summit si è concluso con l'annuncio, da parte del presidente cinese Xi Jinping, dello sviluppo di “un nuovo patto per la crescita globale, attraverso un modello innovativo, inclusivo e interconnesso”
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