La lesione del tendine di Achille non ha lasciato scampo a Leonardo Spinazzola, il terzino della Roma che domani non potrà scendere in campo per la grande finale di Euro2020 contro l’Inghilterra. L’intervento chirurgico è riuscito perfettamente ma il recupero post operatorio si preannuncia piuttosto lungo. In cosa consiste esattamente la rottura del tendine di Achille? Quali sono le avvisaglie da non sottovalutare, i consigli e i tempi di recupero dopo l’intervento?
Benedetta de Mattei ne ha parlato con Cesare Faldini – Direttore della I Clinica Ortopedica e Traumatologica dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna e Professore Ordinario di Ortopedia e Traumatologia presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.
Perché si rompe il tendine di Achille
Il tendine di Achille fa un lavoro molto gravoso e, insieme al tendine rotuleo, è il più sollecitato dell’arto inferiore. In pratica grazie al tendine di Achille si dà l’ultima spinta in avanti con la gamba per far procedere il corpo durante il passo e per un meccanismo di leva la spinta che viene generata è circa 3-4 volte il peso corporeo; questa diventa ancora più forte durante la corsa (anche 10 volte il peso corporeo). La natura ha dunque provvisto questo tendine di una quantità di fibre molto elevata ma ovviamente essendo posizionato nell’ultimo tratto della gamba è una parte meno vascolarizzata che può quindi andare incontro alla tendinopatia, una malattia cronica delle fibre del tendine che purtroppo spesso è asintomatica e lentamente può degenerare.
A chi viene la tendinopatia e quali sono i sintomi
Prevalentemente agli sportivi che eseguono atti agonistici, che fanno super allenamenti e sforzi a freddo oppure a pazienti predisposti, ossia con malattie del metabolismo come il diabete. Ci sono due tipi di pazienti: quelli che sviluppano la tendinopatia sintomatica e quindi cominciano ad avere dolori al tendine, vanno dal fisiatra, iniziano insomma a lottare con problemi al tendine; poi c’è un secondo gruppo di pazienti del tutto asintomatici, che quindi continuano a fare i loro allenamenti, il loro sport fino al giorno in cui il tendine improvvisamente si rompe. E questo non avviene quasi mai in modo graduale ma cede di colpo un po' come una fune che si rompe. Il paziente di solito durante la corsa o il cammino avverte proprio uno schiocco come se qualcuno da dietro gli desse un calcio. Questo è il sintomo principale della rottura improvvisa, che può avvenire a causa di una tendinopatia o essere spontanea senza avvisaglie. Dopo questo schiocco c’è un dolore importante e ovviamente il paziente cade a terra e deve essere soccorso.
Come si arriva alla diagnosi di rottura?
Dopo la rottura improvvisa non si è più capaci di camminare normalmente, dunque ci si accorge immediatamente che c’è qualcosa di anomalo e normalmente ci si reca in pronto soccorso. C’è una manovra medica molto sensibile che fa capire se il tendine di Achille si è rotto: si chiama la manovra di Thompson. Questa manovra consiste nel mettere il paziente a pancia in giù con i piedi che restano fuori dal lettino di visita per poi strizzare il polpaccio. Quando il tendine è continuo se si strizza il polpaccio il piede fa un piccolo movimento mentre se il piede resta immobile significa che il tendine è rotto. La radiografia non si fa poiché come noto i tendini sono radio trasparenti, dunque la conferma diagnostica è di tipo ecografico. Attraverso l’ecografia è anche possibile vedere lo stato di degenerazione tendinea (se vi sono calcificazioni o se la tendinopatia pregressa è importante) oltre alla posizione esatta della rottura, perché tendine di Achille non si rompe sempre nello stesso punto, anche se tipicamente la rottura avviene a circa metà della sua lunghezza (la zona meno vascolarizzata).
L’intervento chirurgico è l’unico trattamento possibile?
La rottura del tendine di Achille nel 95% dei casi va operata. Il tendine è in grado di guarire da solo anche senza l’intervento ma il processo di guarigione è lungo e il trattamento senza intervento oggi è riservato ai pazienti come i diabetici, i trapiantati renali o con problematiche endocrinologiche gravi che rompono il tendine, perché lì ci può essere un rischio infettivo e allora il piede va immobilizzato in una posizione che permetta di riavvicinare i due segmenti del tendine rotto per favorire la cicatrizzazione. Questo tipo di trattamento “non chirurgico” però è tipico degli anziani e appunto dei pazienti che hanno delle richieste funzionali medio basse, mentre al contrario il paziente sportivo va tipicamente operato.
Guarigione e tempi di recupero
Considerando la tensione molto elevata a cui è sottoposto il tendine non esiste nessuna cucitura in grado di renderlo subito pronto per una camminata o un evento sportivo. L’intervento ha lo scopo di rimettere insieme i pezzi del tendine rotto e questo si effettua con un taglio molto piccolo, che rispetta la scarsa vascolarizzazione del tendine, dove i due monconi vengono banalmente ricuciti con dei punti particolari che passano all’interno del tendine con dei fili riassorbibili e dunque poco invasivi. La cucitura mantiene i due pezzi del tendine vicini per il tempo biologico di guarigione che è di circa 3 mesi: 1 mese con stampelle senza carico, con una immobilizzazione a tutore in posizione di leggero equinismo che permette la vicinanza di questi due frammenti di tendine e il processo di cicatrizzazione; 2 mese in cui ci sono ancora le stampelle, ma si concede la metà del peso, con il piede a 90 gradi; 3 mese in cui viene concesso il carico. Dopo 3 mesi di tutore si comincia a ripotenziare il muscolo e il tendine dovrebbe diventare addirittura più robusto di prima della rottura. Questo è il momento più delicato perché il paziente dopo circa tre mesi si sente guarito, non ha più dolore, il piede si muove e vorrebbe ripartire. Li bisognerebbe spiegare che il processo di guarigione reale dura comunque dai 4 a i 6 mesi (nelle persone più anziane può essere anche più lungo e ad ogni modo le variabili in questo senso sono diverse) prima di poter riprendere l’allenamento e il reinserimento sportivo agonistico deve essere attentamente valutato con l’ecografia quando il tendine ha ricostruito bene tutto il suo tessuto.
Quale è il consiglio per chi subisce la rottura del tendine di Achille?
Il Tendine di Achille è una rottura importante, l’intervento chirurgico mini invasivo è il primo passaggio ma il passaggio più importante è la produzione della cicatrice quindi il mio consiglio è quello, nel periodo post operatorio, di saper aspettare i tempi di guarigione, monitorarli attentamente con dei controlli clinici, con le ecografie e con i fisiatri per ricominciare al momento giusto, non troppo presto, per evitare una rirottura. Se il trattamento è ben fatto e si osservano i tempi giusti la rirottura è un caso veramente molto raro e addirittura chi sa aspettare con pazienza rischia di più la rottura dell’altro tendine di Achille perché magari ha una tendinopatia che non sapeva di avere che lo predispone alla rottura.
Quale altro suggerimento?
Allo sportivo, soprattutto a quello longevo che protrae per divertirsi (il tennista 50enne, il calciatore ecc.) consiglio di non sottovalutare i sintomi della tendinopatia, quindi se ci sono dei dolori nella parte del calcagno suggerisco eventualmente di andare da un buon ortopedico, fisiatra o medico dello sport per fare un’ecografia di controllo per verificare che non ci sia una tendinopatia.
Un altro suggerimento è quello di mettere a riposo il tendine, ad esempio camminando sempre con un pochino di tacco. Il nostro tendine di Achille è sollecitato da scarpe piatte come le infradito mentre è messo a riposo da due dita di tacchetto sotto il tallone. Dunque anche un paio di mocassini da uomo, cosi come molte scarpe da ginnastica, con un minimo di tacchetto, distendono la forza del tendine.
Benedetta de Mattei