Al centro dell’operazione dei Ros, denominata “Foglie Nere”, un sodalizio transnazionale, di matrice prevalentemente nigeriana, dedito alla tratta e allo sfruttamento di connazionali, fatte giungere illegalmente in Italia e ridotte in schiavitù con il ricorso a violenza, riti esoterici e minacce ai familiari nel paese di origine. 30 le ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Procura distrettuale antimafia di Ancona. Gli interventi hanno interessato le Marche, il Lazio, l’Emilia Romagna e la Lombardia. E poi Nigeria, Spagna, Francia, Olanda, Germania, Grecia e anche San Marino, in stretta collaborazione con la Gendarmeria.
L’indagine si è intrecciata con una inchiesta, sempre della DDA di Ancona, su un traffico di internazionale di stupefacenti dalla Spagna all’Italia e che aveva portato in carcere nell’aprile 2008 15 indagati. Da Madrid la droga veniva consegnata a referenti in Piemonte e nelle Marche, con il sistema dei “corrieri a pioggia”: spesso proprio giovani donne nigeriane, poi avviate alla prostituzione lungo il litorale marchigiano.
Dopo aver delineato compiutamente il narcotraffico, le indagini si sono quindi concentrate sulla tratta, individuando tre collegati gruppi nigeriani, dislocati sulla fascia costiera delle Marche. Le cellule, capeggiate dalle cosiddette "madame", costringevano le vittime a versare i loro “guadagni” per estinguere il debito contratto per il viaggio in Italia, per l'occupazione del joint, ovvero del luogo di sosta, nonché per le spese di vitto ed alloggio. Le donne erano soggette a continue intimidazioni e violenze, finalizzate a garantire adeguati profitti giornalieri, ad evitarne la fuga e i tentativi di ribellione, anche ricorrendo a riti magico-esoterici cui venivano sottoposte all’atto del reclutamento in Nigeria da parte dei membri del sodalizio deputati all’ingaggio.
Documentati anche numerosi aborti delle vittime, praticati addirittura in avanzato stato di gravidanza da due medici italiani e due nigeriani, raggiunti da un’ulteriore ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa su richiesta della Procura di Roma.
Intanto l’Associazione Papa Giovanni XXIII, da sempre attiva contro la tratta di esseri umani, esprime soddisfazione per l’esito delle indagini e invita lo Stato italiano ad intervenire in aiuto delle vittime.
Silvia Pelliccioni
L’indagine si è intrecciata con una inchiesta, sempre della DDA di Ancona, su un traffico di internazionale di stupefacenti dalla Spagna all’Italia e che aveva portato in carcere nell’aprile 2008 15 indagati. Da Madrid la droga veniva consegnata a referenti in Piemonte e nelle Marche, con il sistema dei “corrieri a pioggia”: spesso proprio giovani donne nigeriane, poi avviate alla prostituzione lungo il litorale marchigiano.
Dopo aver delineato compiutamente il narcotraffico, le indagini si sono quindi concentrate sulla tratta, individuando tre collegati gruppi nigeriani, dislocati sulla fascia costiera delle Marche. Le cellule, capeggiate dalle cosiddette "madame", costringevano le vittime a versare i loro “guadagni” per estinguere il debito contratto per il viaggio in Italia, per l'occupazione del joint, ovvero del luogo di sosta, nonché per le spese di vitto ed alloggio. Le donne erano soggette a continue intimidazioni e violenze, finalizzate a garantire adeguati profitti giornalieri, ad evitarne la fuga e i tentativi di ribellione, anche ricorrendo a riti magico-esoterici cui venivano sottoposte all’atto del reclutamento in Nigeria da parte dei membri del sodalizio deputati all’ingaggio.
Documentati anche numerosi aborti delle vittime, praticati addirittura in avanzato stato di gravidanza da due medici italiani e due nigeriani, raggiunti da un’ulteriore ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa su richiesta della Procura di Roma.
Intanto l’Associazione Papa Giovanni XXIII, da sempre attiva contro la tratta di esseri umani, esprime soddisfazione per l’esito delle indagini e invita lo Stato italiano ad intervenire in aiuto delle vittime.
Silvia Pelliccioni
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