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Vaiolo scimmie: l'esperto ci spiega come si trasmette, sintomi e terapia

21 mag 2022
Vaiolo scimmie: l'esperto ci spiega come si trasmette, sintomi e terapia

Sono saliti a tre i casi confermati in Italia di vaiolo delle scimmie e sono tutti in carico all’Istituto di malattie infettive Spallanzani di Roma. Ma casi analoghi erano già stati segnalati in Gran Bretagna, Portogallo e Spagna e non sono più tutti legati a viaggi in aree a rischio come la Nigeria.

Benedetta de Mattei ne ha parlato con Francesco Vaia - direttore generale dello Spallanzani di Roma - per capire quale è la reale situazione in Italia, come avviene il contagio e quali sono i rischi

Quale è la situazione allo Spallanzani?

Attualmente allo Spallanzani sono ricoverate 3 persone con infezione confermata da virus Monkeypox, virus del vaiolo delle scimmie. Si tratta di tre giovani uomini, che non riferiscono contatti tra di loro, anche se due di loro riportano un recente viaggio alle Canarie, dove è stato segnalato un caso di questa malattia. Per quanto riguarda il loro stato di salute “le tre persone sono in discrete condizioni: una sola ha presentato una febbre di breve durata e tutte hanno un ingrossamento di alcune ghiandole linfatiche che appaiono dolenti, e la comparsa di un numero limitato di piccole pustole cutanee localizzate. Il primo messaggio da dare è nessun allarme, ma attenzione. Abbiamo tre pazienti positivi al vaiolo delle scimmie, il virus sarà isolato a inizio settimana.

Quali sono i sintomi?

La sintomatologia è più lieve del vaiolo tradizionale. Il sintomo più evidente del vaiolo delle scimmie è la comparsa di vescicole tondeggianti sul viso e sul corpo. Comincia come un’influenza con mal di testa, spossatezza e gonfiore dei linfonodi, a cui poi si aggiunge l’eruzione cutanea. Questi i sintomi più comuni ma non c'è una sintomatologia grave.



Come avviene il contagio?

Il vaiolo delle scimmie non si può definire ancora strettamente come una malattia a trasmissione sessuale. Il contagio avviene attraverso contatti stretti, come i rapporti sessuali che però non sono gli unici contatti stretti possibili. Eviterei quindi di identificare questa malattia come una malattia a trasmissione sessuale al momento, e soprattutto di identificare la popolazione di uomini che fanno sesso con uomini come portatori di questa malattia. Questa malattia va ancora compresa perché siamo di fronte a un’ondata nuova, diversa da come l’abbiamo storicamente conosciuta nei decenni precedenti. Stiamo studiando e facendo ricerche per capire se il virus è contenuto nello sperma.
La trasmissione da uomo a uomo caratterizza buona parte dei casi segnalati in Europa recentemente. Era considerata abbastanza rara, ma ora è relativamente comune in questi focolai europei, anche i casi italiani confermano la tendenza già vista in altri Paesi europei.

Quale è la terapia?

Per quanto riguarda la terapia somministrata ai contagiati, i tre pazienti sono trattati con una terapia sintomatica che allo stato è sufficiente. Presso l’Istituto sono disponibili, comunque, farmaci antivirali che potrebbero essere impiegati in via sperimentale qualora si rendesse necessaria una terapia specifica.

Chi è vaccinato contro il vaiolo è in qualche modo protetto?

Per la prossima settimana il nostro laboratorio di virologia prevede di isolare il virus che ha colpito queste persone, la disponibilità di un isolato virale renderà possibile eseguire una serie di indagini sperimentali. In particolare, si potrà studiare se nel sangue di persone che sono state vaccinare contro il vaiolo, persone che oggi hanno più di 50 anni, sono presenti anticorpi che neutralizzano questo virus e cellule immunitarie in grado di attaccarlo. L’isolamento virale permetterà, inoltre di eseguire test per la diagnosi sierologica di questa infezione.


Benedetta de Mattei








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