In questo periodo di emergenza sanitaria il dilagare dell’epidemia sta mettendo a dura prova la quotidianità di tutti noi chiamati a rispettare le regole ma, soprattutto, sta impegnando duramente chi lavora all’interno del nostro sistema medico, infermieristico ed assistenziale, di protezione sociale, dell’ordine pubblico e tutti coloro che continuando a lavorare garantiscono ai cittadini i servizi essenziali. Tutti siamo tormentati da questa situazione, resa ancor più grave dall’incertezza del prossimo futuro, rispetto a quelli che saranno i tempi necessari al superamento della crisi e alle conseguenze che questa avrà sulle nostre vite e sulle nostre relazioni sociali. Questa stessa preoccupazione pervade anche le persone con disabilità, sopratutto quelle gravi non autosufficienti e le loro famiglie, che temono l’acuirsi delle problematiche già esistenti, la riduzione di supporti e servizi già precari o inesistenti in qualche caso, e il rischio di ulteriore impoverimento. Il recente pronunciamento del Comitato Sammarinese di Bioetica rispetto alla richiesta circa il comportamento da assumere in circostanze di limitate risorse intensivistiche nei confronti di soggetti con gravi disabilità contagiati da COVID-19, ha fatto giustamente notizia. Altrettanto giustamente è stato enfatizzato in modo positivo anche a livello internazionale. Ne citiamo un passaggio per tutti: “agli specialisti sanitari spetta il compito di prestare alle persone con disabilità cure della medesima qualità di quelle fornite agli altri”, questa è solo una delle parti circostanziate dal Comitato nella sua risposta, riprendendo quelle che sono precise prescrizioni al riguardo contenute nella Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità (CRPD), segnatamente l’Art.2 e 25. (In altre realtà, come gli Stati Uniti ad esempio, uno dei pochissimi Paesi al mondo a non aver ancora ratificato la CRPD, ha destato scalpore e indignazione l’esclusione delle persone con gravi disabilità da quelle categorie ammesse “in via preferenziale” alle terapie di ventilazione assistita invasiva.) Nonostante i pareri del Comitato di Bioetica non abbiano purtroppo alcuna forza di legge, essi sono molto importanti per dar modo alla politica e agli amministratori pubblici di orientarsi su un determinato terreno e la CRPD, ahinoi, spazia su molti altri fronti. Consulente del Comitato sammarinese è l’amico Giampiero Griffo, del quale vorremmo far nostre alcune sue considerazioni di questi giorni perché, lo ribadiamo ancora una volta, riteniamo fondamentale e a maggior ragione visti gli effetti che produrrà questa crisi, la piena attuazione anche a San Marino della Convenzione e la revisione del nostro sistema socio-sanitario e assistenziale. Scrive Giampiero “Le soluzioni personalizzate che riguardano la loro qualità di vita, la tutela dei loro diritti umani, come prevede la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, sono totalmente disattese, e nonostante le pratiche istituzionalizzanti si basino su un approccio “protettivo”, quando dovrebbero essere protetti, come nel caso di una pandemia come quella che siamo vivendo, scopriamo che sono quasi per nulla protetti. La Convenzione ONU, ratificata da 181 Paesi, ovvero il 93,7% degli Stati Membri delle Nazioni Unite, si basa, com’è ben noto, su un approccio centrato sui diritti umani, sottolineando i princìpi di pari opportunità e non discriminazione, e ricordando come la disabilità sia una costruzione sociale, con un miliardo di persone nel mondo che sono “disabili” a causa di barriere, ostacoli e discriminazioni, e vittime di un fortissimo stigma sociale negativo costruito nei millenni da pratiche che negavano la loro partecipazione alla società. A tal proposito, non si possono più accettare le forme di welfare oggi prevalenti nei Paesi industrializzati e in particolare vanno progressivamente bandite le pratiche segregative, che cancellano la cittadinanza delle persone, che sviliscono capacità e potenzialità, che riducono le persone a numeri su cui esigere rette e finanziamenti. Quelle risorse potrebbero essere utilizzate per mantenere le persone nelle proprie comunità, per offrire soluzioni personalizzate rispettose della dignità e capaci di garantire qualità di vita migliori. L’articolo 19 della Convenzione (Vita indipendente ed inclusione nella società) si applica a tutte le persone con disabilità, nelle forme e con gli strumenti appropriati, per conseguire la piena partecipazione e la piena cittadinanza possibile. Le pratiche di welfare che nascono in periodi di crisi, e che accettano con inerzia servizi e strumenti vecchi e inadeguati a promuovere i diritti umani delle persone con disabilità, vanno totalmente ridiscusse, riformulando gli strumenti tecnici e culturali, le competenze del personale e i servizi. L’esperienza del coronavirus lo evidenzia: le persone con disabilità devono godere degli stessi diritti e opportunità degli altri cittadini, ed essere incluse in tutte le politiche generali.” In poche parole, mutuando e condividendo le parole di Giampiero, servirà cambiare rotta anche a San Marino e mostrare meno allergia verso le Convenzioni ratificate, intervenendo finalmente e adeguatamente a livello politico, organizzativo e finanziario per non continuare a relegare ai margini della società le persone sammarinesi con disabilità.
c.s. Attiva-Mente