Registro con piacere la buona riuscita della conferenza politica dal titolo programmatico Ridisegnando San Marino. Promossa dal mio partito, il PDCS, ha ottenuto notevoli risultati di partecipazione e coinvolgimento tra forze politiche, associazioni di categoria, sindacati e associazioni datoriali. Essi confermano la bontà della strada intrapresa in questi anni dalle diverse componenti della Democrazia Cristiana, con grande propulsione dei suoi giovani e di coloro che hanno deciso di porre al centro dell’agenda politica il tema dell’Accordo di associazione. Non a caso il negoziato è stato definito epocale per la nostra Repubblica e come ha ribadito il Presidente Mattarella «richiederà scelte lucide e coraggiose». Queste scelte per essere tali hanno bisogno di un importante ragionamento sul futuro del prossimo Consiglio Grande e Generale. In effetti, il Congresso di Stato è solo una delle espressioni dello Stato e la Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell'ordinamento sammarinese sancisce che «la sovranità della Repubblica risiede nel popolo, che la esercita nelle forme statuarie della democrazia rappresentativa». Sancisce anche che «al Consiglio Grande e Generale, composto di sessanta membri, spetta il potere legislativo, la determinazione dell’indirizzo politico e l’esercizio delle funzioni di controllo»; chiarisce inoltre che il Governo «è politicamente responsabile davanti al Consiglio al quale rende conto, sia collegialmente che individualmente, in base a legge costituzionale»; dichiara infine che «l'iniziativa legislativa spetta a ciascun Consigliere». La qualità del nostro Parlamento è quindi fondamentale per la qualità della nostra democrazia. La domanda da porsi di fronte al cambiamento epocale determinato dall’Accordo europeo è: quale tipo di Parlamento desideriamo per la San Marino di domani che sarà «nota agli altri» e integrata in Europa? Il nostro Parlamento, nella sua attuale organizzazione, è adatto ad affrontare le grandi e difficili sfide imminenti? Questo è il quesito che ci riguarda, col quale dobbiamo misurarci per impostare una riflessione sulla quale mi piacerebbe ritrovare, ancora una volta, la disponibilità al confronto di tutte le forze politiche e sociali sammarinesi. La Dichiarazione parla di «autonomia e competenza» del Consiglio ma come si inverano concretamente questi concetti? Io rispondo col motto di Luigi Einaudi: «Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare». Sono tutte cose da fare e tutte con pari valore. Di fronte ad una società che cambia, la politica non può permettersi immobilismo, superficialità o peggio. Pensare alla qualità della democrazia significa pensare alla qualità e all’efficienza del nostro Consiglio Grande e Generale che ora, nel rapporto con le istituzioni europee, diventa ancora più importante e – mi sia permesso – ancora più «grande». Sia chiaro che nessuno pone in discussione l’importanza storica delle nostre venerabili istituzioni. Al contrario, l’intento è valorizzarle e salvaguardarle cosicché inducano la politica a rispondere con serietà, lucidità e coraggio a un modo rinnovato di esercitare la propria funzione primaria ma talvolta smarrita: dare qualità alla nostra democrazia nello Stato di diritto. La nostra società è profondamente mutata e ancor più muterà in Europa. Sono mutate esigenze, tempi e modi di risposta delle imprese, delle famiglie, delle parti sociali. Cittadini e lavoratori chiedono riscontri rapidi, efficienti ed efficaci di fronte a mutazioni repentine e materie estremamente complesse. Purtroppo, spiace constatarlo, a volte il nostro Consiglio Grande e Generale non è in grado di fornire tale riscontro. Altre volte, le sue logiche sembrano di difficile comprensione per la cittadinanza e inadeguate al compito istituzionale che va ricoperto con ossequio allo Stato di diritto e alle sue regole – comprese quelle che il Consiglio stesso si dà per esercitare le proprie funzioni. Nel necessario rapporto con le istituzioni europee occorre un Consiglio dinamico, rigoroso e di qualità. Deve essere in grado di convogliare tutte le competenze di cui la nostra Repubblica può fregiarsi, comprese quelle rimaste spesso ai margini della vita politica: questo è l’obiettivo a cui lavorare insieme. Occorre dunque un impegno comune – anzitutto dei Partiti, nerbo della democrazia rappresentativa – per valorizzare la figura del Consigliere, sostenendo riforme che permettano l’elaborazione del suo ruolo anche in chiave europea. Se la scelta dei rappresentanti rimane in capo a cittadini e cittadine, occorre però che i nostri Consiglieri siano messi nelle condizioni di studiare, approfondire, documentarsi come accade in tutta Europa, evitando l’impasse che spesso ostacola e scoraggia l’accesso al Consiglio di molte persone capaci ma senza le risorse necessarie, a partire dal tempo. Il tempo di un Consigliere si divide difatti in tre: tempo di vita, di lavoro e tempo per le istituzioni rappresentative. Costretto a dividersi in tre, il Consigliere non può impiegare tutte le proprie energie e competenze nell’incarico ricevuto dalla cittadinanza. Occorre quindi sostenere maggiormente questo sforzo in cambio di maggiore qualità della nostra democrazia. L’Accordo di associazione è un’opportunità preziosa, ma richiede un cambio di passo per non vanificarlo. È un cammino che, a mio parere, deve partire dal centro della vita democratica, ossia il Parlamento. Sarebbe difatti un errore compromettente affrontare un cambiamento epocale con un Consiglio debole e introverso. Esso dovrà confrontarsi con un quadro europeo che, come ogni cosa, presenta possibilità ma anche difficoltà. In questo quadro sarà necessario creare un rapporto istituzionale col Parlamento europeo e i suoi rappresentanti, per affermare gli interessi e i valori della Repubblica nel processo d’integrazione europea e trarne tutti i benefici possibili. È per essere all’altezza di questo compito e tutti gli altri che ci toccano che occorre «prima conoscere, poi discutere, poi deliberare» con qualità e capacità. Diamo dunque gambe alla politica per farla camminare con passo sicuro e incalzante, prudente ma coraggioso, per conquistare nuove vette politiche sul Titano e in Europa. In fondo, a ben vedere, il Titano è da sempre una vetta europea. Noi dobbiamo esserne all’altezza.
cs Lorenzo Bugli, Consigliere della Repubblica