I dati dell’Ufficio di statistica al 31 marzo 2020, non consentono di valutare i primi effetti della pandemia da Covid-19 sull’occupazione sammarinese, tuttavia mettono in luce elementi significativi, specie nel raffronto con lo stesso periodo del 2019 e degli ultimi tre anni. Rispetto ad un anno fa, nei settori privati l’incremento occupazionale è composto esclusivamente da lavoratori frontalieri (+186), mentre in questo stesso periodo i sammarinesi e residenti occupati sono diminuiti (-11). Nell’ultimo triennio, c’è stato un incremento di 1.212 lavoratori, di cui 985 frontalieri e 227 sammarinesi o residenti. Ancora più significativo è il trend relativo all’occupazione femminile, specie se si considera che le donne rappresentano quasi i due terzi dei disoccupati: nell’ultimo triennio, c’è stato un incremento di 361 lavoratrici, di cui 275 frontaliere e 86 sammarinesi o residenti; rispetto al 31 marzo 2019 queste ultime sono scese di 36 unità, mentre sono aumentate di 20 quelle provenienti da fuori territorio. Questa tendenza sempre più marcata e consolidata al ricorso a manodopera forense anche in presenza di posti di lavoro che potrebbero essere occupati da lavoratori interni, è naturalmente un chiaro effetto della completa liberalizzazione degli invii al lavoro prodotta dalla “legge sviluppo” del settembre 2017. Per questo, abbiamo condiviso la scelta di sospendere l’applicazione di tale provvedimento, tanto più in una situazione di gravissima difficoltà per l’economia sammarinese causata della pandemia, i cui effetti non potranno che essere pesantissimi. Tornando alle cifre, considerando che la popolazione residente è aumentata da 33.212 (2017) a 33.422 (2019) e a 33.553 (2020), dovrebbe di conseguenza aumentare il numero di coloro che cercano lavoro. Poiché il numero di questi ultimi, invece, diminuisce, emerge una progressiva rinuncia alla ricerca di un lavoro da parte dei cittadini sammarinesi e residenti. Infatti, il tasso di disoccupazione in senso stretto è arrivato quest’anno al 5,4% (2020), a fronte del 5,7% del 2019 e del 6% del 2017, anche se bisogna tenere conto del fatto che ci sono stati molti disoccupati che non hanno confermato l’iscrizione alle Liste di Avviamento al Lavoro entro il 31 marzo 2020, verosimilmente a causa della impossibilità di spostarsi, per cui non è detto che queste persone si possano ritenere soggetti non più in cerca di occupazione in senso assoluto. Prendendo a riferimento i tre settori con il maggior numero di dipendenti, l’incremento degli occupati in tre anni è dovuto per il 78,7% (+954) dal settore manifatturiero, per il 4% (+49) dal settore commercio e per il 5,7% (+69) dal settore alberghiero e della ristorazione. Il dato di marzo 2020 relativo alla distribuzione degli occupati nei diversi settori in base alla posizione anagrafica non è ancora disponibile, ma la tendenza che vi è stata fino all’anno scorso è indicativa. L’incremento degli occupati sammarinesi e residenti tra marzo 2019 e marzo 2017 (+238 in valore assoluto) è preponderante nel settore manifatturiero (279 in più), significativo anche nel settore alberghiero e ristorazione (+51), mentre sono diminuiti nel settore commercio (-15). Isolando il dato alle sole basse qualifiche, si evince che i due terzi dei lavoratori frontalieri assunti negli ultimi tre anni sono operai comuni o impiegati operativi: per quanto riguarda le donne siamo addirittura prossimi al 100%. Riteniamo inverosimile che tanti lavoratori frontalieri siano stati assunti per svolgere mansioni di così basso livello; è molto probabile che le aziende adottino inquadramenti inferiori rispetto alle mansioni effettivamente svolte e ciò impatta negativamente sulla qualità dell’intero mercato del lavoro sammarinese. Una delle tante distorsioni che la CSU aveva posto in evidenza a suo tempo.
c.s. CSU