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Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Ancora sulla politica

4 nov 2019
don Gabriele Mangiarotti
don Gabriele Mangiarotti

Due notizie a confronto. Ho avuto modo di notare, a proposito del programma di «Noi per la Repubblica», che alcune affermazioni del Volantino di Comunione e Liberazione sulle elezioni in Spagna e l’incipit del programma di Noi per la Repubblica sono identiche: «Abbiamo bisogno di persone libere in cui possiamo vedere realizzati i nostri desideri, persone che vivono una vita piena, attraente, affascinante. Persone libere che non temono l’incontro con il diverso, al contrario, si lanciano nell’avventura di scoprire qualcosa di nuovo che li arricchisce. Persone che non si scandalizzano per la nostra umanità ferita, ma che la guardano con simpatia, la accolgono!» Poi ho letto il comunicato di Noi per la Repubblica in cui si raccontava dell’incontro con gli esponenti italiani del PD (Partito Democratico) in questi termini: «In considerazione degli ottimi rapporti storicamente intercorsi tra il PSD e il PD, nella giornata di martedì 29 ottobre, l’intera lista di Noi per la Repubblica, formata da PS, PSD e Mia Repubblica, è stata accolta a Roma in Via del Nazzareno (sic!) presso la sede del PD, dal Vicesegretario Andrea Orlando e da Luciano Vecchi delegato alle attività internazionali e conoscitore di San Marino. Il dialogo, franco, prolungato e proficuo è stato utile per rappresentare il progetto della lista unica e le principali direttive politiche del programma di governo. In particolare si è affrontato il tema dell’ottimo rapporto tra le nostre forze politiche e del dialogo da tempo aperto tra la Repubblica di San Marino e la Repubblica d’Italia». Che cosa c’è in comune tra le convinzioni di una esperienza che vuole educare alla fede e un partito che in Italia, tra i suoi risultati di cui dichiara di essere fiero, indica le scelte a favore dell’aborto, della eutanasia, delle unioni omosessuali intese come famiglia, del suicidio assistito, e di tutta quella pletora di «diritti» che come esito finale hanno la dittatura del relativismo, l’intolleranza per il diversamente pensante e altre questioni di non piccola importanza (basterebbe pensare al clamore a proposito della Commissione su razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio, da molti giustamente intesa come rischiosa perché possibile strumento di censura delle idee di chi non la pensa come loro, più che difesa delle persone nella loro identità). Una volta lessi nella Scrittura, educato da Don Giussani, la straordinaria raccomandazione di san Paolo: «Esaminate ogni cosa, trattenete ciò che vale» e mi pare che quell’incipit del programma di partito possa suggerire un cammino comune tra uomini che desiderano il bene per sé e per la società intera. Credo che in questo contesto frammentato e schierato, sia un elemento estremamente positivo riconoscere che si può camminare insieme individuando elementi comuni, frammenti di verità da condividere. Credo quindi che sia necessario, in questa condizione di confusione e di pressapochismo, ritornare ad una attitudine dimenticata, un metodo di lavoro fondamentale che si chiama «disputa», cioè il confronto serrato per cercare la verità, nella certezza che solo questo darà ali alla convivenza. Perché se si tratta di questioni opinabili, si può anche accettare una diversità consistente, ma se si tratta di questioni vitali (e la libertà e il bene comune, la convivenza civile e i diritti dell’uomo… sono di questa natura) la ragione non sta nelle posizioni contraddittorie: o hai ragione tu o ho ragione io, e nel confronto le varie posizioni certamente si chiariscono ed approfondiscono, senza confusione né accordi irenistici. Così non basta una citazione riconosciuta vera per identificare una posizione come equivalente all’altra, perché «Assolver non si può chi non si pente, / né pentere e volere insieme puossi / per la contradizion che nol consente»: forse è meglio partire da quella premessa condivisa per operare quel lavoro di chiarificazione dei principi su cui si fonda il nostro impegno (che per un cristiano sono i «principi non negoziabili») e non illudersi di un accordo che poi, nelle questioni vitali non c’è e non si riesce a trovare. Quello di cui c’è bisogno anche in Repubblica è la stima reciproca (così assente tra coloro che si fanno paladini dei cosiddetti diritti per tutti: sembrano essere i più settari e illiberali) e la capacità di proporre opere che salvaguardino, nella libertà (per noi che abitiamo in questa antica terra di cui siamo fieri), il tentativo di rispondere concretamente ai bisogni che emergono. Allora qui c’è davvero tanto spazio per ogni autentica forma di collaborazione. Una volta i pontefici si rivolgevano agli «uomini di buona volontà». Credo che sia utile, anzi, necessario, che proprio tra tutti costoro si crei una alleanza per il bene comune, una alleanza che non nasconda le differenze, ma che sappia riconoscere nell’altro il bene che porta, oltre gli schieramenti ideologici.

Don Gabriele Mangiarotti


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