Ricordiamo tutti, credo, quel testo della Scrittura che dice: «C’è un tempo per ogni cosa…». Applicato al mondo di certa politica si potrebbe dire che l’estate è il tempo migliore per fare passare certi provvedimenti in maniera indolore, nella quasi totalità di una attenzione «balneare». Così si può dire, a proposito dell’aborto, che «la politica torna ad affrontare il tema, dalla prossima settimana nuovi confronti tra partiti e movimenti. Alla vigilia del Ferragosto negli ambienti politici si ragiona su uno dei temi etici più dibattuti: l’interruzione volontaria di gravidanza, con i due recenti progetti di legge di iniziativa popolare legati all’argomento e sui quali le forze politiche dovranno esprimersi» (San Marino RTV) Però pare che la Presidente della Commissione Affari interni e istituzionali, Marica Montemaggi, abbia già indicato la prospettiva del lavoro da svolgere: l’aborto come diritto, nella sostanziale indifferenza rispetto alla considerazione che di vita umana soppressa si sta parlando. Una fretta incomprensibile di fronte alle gravi questioni che riguardano la nostra Repubblica. Crediamo che una seria considerazione sulla questione educativa (per cui il problema non si risolve rendendo lecito l’aborto) sia il vero interesse per gli «Affari interni e istituzionali», dal momento che una società che garantisce e sostiene, e non solo economicamente, la maternità e la paternità è una società sana e in cammino. Ci sembra che continuare a dire che la meta deve essere «aborto zero» chieda un approccio diverso alla questione, soprattutto se si vuole rendere più restrittivo l’accesso all’aborto da parte delle minorenni, e quindi esiga di affrontare il problema nei termini di una educazione alla accoglienza della vita e di una sessualità responsabile. Personalmente ci addolora il vedere come, di fronte alla evidente ingiustizia della morte procurata agli innocenti, si viva in una sostanziale rassegnazione, come se ci si trovasse di fronte all’inevitabile. No, nella vita ci si deve comportare da protagonisti, non solo se si è certi della vittoria, ma se si è convinti della verità di quello per cui ci si impegna. Diceva Cesare Balbo: «Solo i codardi chiedono al mattino della battaglia il calcolo delle probabilità; i forti e i costanti non sogliono chiedere quanto fortemente né quanto a lungo, abbiano da combattere, ma come e dove, e non hanno bisogno se non di sapere per quale via e per quale scopo, e sperano dopo, e si adoperano, e combattono, e soffrono così, fino alla fine della giornata, lasciando a Dio gli adempimenti». E in questa battaglia per il bene non vogliamo essere disertori. Che non sia inutile il grido accorato del grande Giovanni Paolo II: «Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l’autorità di distruggere la vita non nata... Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un’emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio...».
c.s. Don Gabriele Mangiarotti