La notizia di quanto accaduto ieri notte in Italia ha raggiunto anche San Marino, che ne dà notizia sul sito della Televisione. Di questo si tratta. Il Governo italiano si è pronunciato, la CEI ha risposto risentita, il Comitato Tecnico Scientifico ha dato le sue ragioni. In un battibaleno si è consumata tutta la vicenda del rapporto tra Stato e Chiesa a proposito della Libertas Ecclesiae. Ora i vari commentatori si possono pure stracciare le vesti, pubblicare su Avvenire i loro pianti e la loro delusione, ma ormai la frittata è fatta. Viene in mente la bella poesia che, alla scuola media, mi è stata fatta imparare. E se ne nota la drammatica attualità: «Or vedo». Ora, certo, ma prima? Siamo tra coloro che invocano i «segni dei tempi», ma sembriamo tutti ciechi di fronte alla sventura. L’ottimismo è di rigore, e quindi ora i pianti e i lai si alzano carichi di delusione, come se ci fosse stato un tradimento. Ma dove erano i nostri capi quando membri del governo e della maggioranza deridevano il «Dio, patria e famiglia»? Quando quel governo appoggiato da buona parte del clero inneggiava alla legge sulle unioni civili? Quando si è accettata la via italiana alla eutanasia? Quando cioè si è deciso di non porre il chiaro giudizio della Dottrina Sociale Cristiana come criterio di valutazione per quanto accadeva. Ho accettato la indicazione del Vescovo a proposito della Messa, perché era il Vescovo, e non perché era indicazione della CEI. Forse è giunto il momento di chiedere ai Vescovi stessi che si pongano a capo del cammino di riscossa del popolo cristiano a loro affidato, come fece, in tempi certamente più drammatici dei nostri, Karol Józef Wojtyła consacrando a Nowa Huta quella chiesa che il popolo costruì, senza il permesso, anzi con l’opposizione del potere. E se in questo tempo dopo la Pasqua (che non abbiamo potuto celebrare con il nostro popolo) la liturgia ci mostra san Pietro che gridava al potere di allora «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini», forse è giunto il tempo di ascoltarla «sine glossa». Per evitare che la «capinera» del Pascoli – immagine del nostro popolo – non trovi più il nido che l’accolga.
La quercia caduta - Giovanni Pascoli
Dov’era l’ombra, or sé la quercia spande
morta, né più coi turbini tenzona.
La gente dice: Or vedo: era pur grande!
Pendono qua e là dalla corona
i nidietti della primavera.
Dice la gente: Or vedo: era pur buona!
Ognuno loda, ognuno taglia. A sera
ognuno col suo grave fascio va.
Nell’aria, un pianto… d’una capinera
che cerca il nido che non troverà.
E faccio mie le parole di s. Ambrogio: «E’ indegno di un imperatore rifiutare la libertà di parola, e indegno di un sacerdote tacere la propria opinione».
c.s. Don Gabriele Mangiarotti