In seguito alla caduta del regime dei talebani nel 2001, i diritti delle donne afgane hanno subito un radicale cambiamento. Nel 2004 in Afghanistan venne approvata una Costituzione moderna, anche sul fronte dei diritti civili, un esempio di questi è l’uguaglianza tra i sessi. Nel corso degli anni fu approvata una legge nazionale contro la violenza e venne rinnovato anche il Codice Penale attraverso un’intera sezione dedicata alla protezione delle donne: vietando il matrimonio ai minori di 16 anni e proibendo quello forzato o compensatorio. Non ultimo, divenne illegale anche il delitto d’onore (per il quale gli uomini avevano diritto di togliere la vita alle proprie mogli), punito proprio come qualsiasi altro omicidio. Tuttavia, nonostante i miglioramenti nella sfera giuridica, l’Afghanistan è rimasto uno dei Paesi più maschilisti al mondo, facendo si che i risultati nel campo dei diritti delle donne, per la maggior parte, rimanessero solo un traguardo raggiunto solo sulla carta. A conferma di questo fatto, il “Gender Inequality Index” (ovvero l'indice che misura la disuguaglianza di genere, introdotto durante l’anniversario del Rapporto sullo sviluppo umano nel 2010, del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite), nel 2020 ha posizionato l’Afghanistan al 157º posto su 162 Paesi. Oltre a ciò, alcuni dati forniti dall’ONU ci dicono che solo il 13,2% delle donne ha accesso a un’educazione secondaria; i matrimoni forzati coinvolgono il 60 – 80% delle famiglie afgane. L’ 85% delle donne e delle ragazze in Afghanistan è analfabeta. Senza considerare i problemi relativi all’assenza di assistenza sanitaria delle donne incinte. Ma, nonostante ciò, è importante ricordare che, sin dalla caduta del regime nel 2001, le donne afgane hanno iniziato a prendere cariche politiche, mediche, scolastiche e scientifiche, tutte cariche rilevanti e di estrema importanza nella società. Non hanno mai smesso di lottare per i loro diritti, acquisendo uno stato sociale certamente maggiore rispetto al passato, ma non sempre riconosciuto da parte di una fascia di popolazione, ancora legata ad una visione culturale della donna che la vede inferiore all’uomo. Oggi, nonostante i talebani promettano diritti e cariche politiche alle donne, assicurando di volerle includere persino al Governo e permetterle di frequentare l’Università, la dottrina talebana prevede che le donne non possano né studiare né lavorare, che debbano essere sempre e solo accompagnate da un parente di genere maschile e, infine, ricordiamo l’obbligo ad indossare il burqa (un velo che copre dalla testa fino ai piedi). Durante il vecchio regime infatti talebano alle donne non era permesso ridere e il contatto con gli uomini veniva filtrato in ogni modo. Non solo gli abiti coprivano ogni parte del corpo, ma lo sguardo non doveva incrociare quello di un uomo e la mano non poteva stringere quella di sesso opposto. Per anni, le donne sono state considerate come esseri invisibili, impercettibili, quasi cancellate. Nonostante le promesse, nelle ultime settimane è stato intimato alle donne di lasciare il posto di lavoro e se trovate alla guida, fatte scendere dalle auto. Oltre a questo sono state formate liste di giovani ragazze, e anche bambine, destinate a diventare spose dei combattenti. Tutto ciò dimostra che le promesse fatte dai talebani sul rispetto dei diritti siano soltanto “aria al vento”, lo dimostrano le continue notizie di soprusi che ormai tutti i giorni popolano i nostri telegiornali. Riteniamo che sia necessario condividere i risultati ottenuti in occidente in materia di diritti umani e delle donne con altri Paesi oggi oppressi da regimi come quello dei Talebani. Oggi conosciamo bene i metodi con cui tali estremisti ottengono e, soprattutto, mantengono il potere, tuttavia riteniamo che sia dovere morale dei Paesi cosiddetti avanzati, farsi carico di offrire un futuro migliore a chi non ha avuto ancora la possibilità di vivere una vita che noi, fortunatamente, possiamo definire, normale.
Cs Giovani Democratico Cristiani (GDC)
Gdc: Focus sulle donne in Afghanistan
27 ago 2021
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