Leggiamo con piacere il comunicato di Loredana Mazza, membro storico e competente del direttivo FPI (Federazione pubblico impiego) della CDLS, che ci offre spunti da condividere con lei e con i cittadini.
Intanto ci conferma che il sindacato continua a portare nei direttivi accordi già firmati, da democrazia a posteriori: prima la dirigenza fa accordi col governo, e dopo avverte i direttivi.
Poi la Mazza pone l'accento sul carattere pre-elettorale "dei modi" in cui viene fatta l'ennesima stabilizzazione in pubblica amministrazione (PA).
Noi abbiamo richiesto a gran voce, in Consiglio, che si ponesse fine alla logica clientelare delle stabilizzazioni. Spieghiamo.
La legge della PA "prevederebbe" che in PA si entrasse solo per concorso.
Non venendo emessi i concorsi, lo Stato quando ha necessità di sostituire ruoli vacanti "dovrebbe" seguire un solo principio: attingere alle graduatorie.
Questo perché la PA non è un'impresa privata, che giustamente sceglie i propri dipendenti in base alle sue necessità. La PA ha anche un ruolo sociale, dunque deve tenere conto, in fase di assunzione (e tale principio è tenuto in considerazione anche nei concorsi), dello stato di famiglia, delle eventuali invalidità, dei titoli di studio, dell'esperienza precedente ecc.
Ma a chi gestisce la PA (e al di là delle vuote parole di "indipendenza", è sempre e solo la politica) dover assumere cittadini magari bisognosi o difficilmente occupabili nel privato, va stretto: i politici vogliono scegliersi i dipendenti, meglio ancora se tra i propri "clientes", per quanto professionalmente preparati.
Dunque né concorsi (che si dovrebbero truccare) né graduatorie (che si dovrebbero aggirare) ma borse di studio e convenzioni ad personam, cioè contratti privati applicati al pubblico, che lasciano una discrezionalità necessaria per il settore privato, indecente per la PA.
E questo aggiramento delle norme è solo la prima parte del problema.
La seconda parte è che quando un lavoratore assunto dalle graduatorie presta servizio per diversi anni in PA, si deve prevedere una sua stabilizzazione, è sacrosanto.
Secondo noi in PA si deve entrare solo per concorso.
In subordine, per chi assunto dalle graduatorie si deve prevedere un automatismo per cui raggiunti i 5 anni di precariato, con annesse decurtazioni dello stipendio, dei periodi di ferie e senza riconoscimento dell'anzianità di servizio, si stabilizzi il lavoratore senza necessità di interventi della politica.
Oggi il precariato serve a permettere ai politici di far passare come un favore, in periodi elettorali, una stabilizzazione che invece è un diritto! Prevedere un automatismo che non richieda l'intervento del governo sarebbe un buon viatico per interrompere il precariato stesso, che non interesserebbe più a chi vuole continuare a contrabbandare diritti in cambio di voti, o a chi spaccia ai lavoratori conquiste sindacali inesistenti!
Infine, per chi lavora in PA con contratti privati di lavoro subordinato, non avendo seguito iter di selezione tutelanti le condizioni familiari (come le borse di studio e le convenzioni), non si può prevedere alcuna stabilizzazione. Questo è non solo un atto clientelare, a cui si prestano governo e sindacati, ma addirittura, come dice la Mazza, un'aberrazione!
Comprendiamo le considerazioni di chi, occupato per anni in PA con tali contratti, rivendica una priorità nell'assunzione.
Come appena scritto, però, per noi in PA si deve entrare solo per concorso o tramite graduatorie. A chi nel frattempo ha maturato anzianità di servizio in PA con contratti privati (che dovranno andare a esaurimento), venga riconosciuto un punteggio di anzianità di cui tener conto in appositi concorsi pubblici successivi al fabbisogno.
Ma riconosciamolo: è indecente e irragionevole trasformare, dietro comando politico, un contratto da privato a pubblico. Questa è una vergognosa infornata pre-elettorale.
Oltre la ragionevolezza continua a potere, nonostante le dichiarazioni di purezza fuori tempo di alcuni partiti, la insistente volontà clientelare che non avrà fine se non con un radicale cambio di persone ai vertici della politica.
Movimento RETE
Intanto ci conferma che il sindacato continua a portare nei direttivi accordi già firmati, da democrazia a posteriori: prima la dirigenza fa accordi col governo, e dopo avverte i direttivi.
Poi la Mazza pone l'accento sul carattere pre-elettorale "dei modi" in cui viene fatta l'ennesima stabilizzazione in pubblica amministrazione (PA).
Noi abbiamo richiesto a gran voce, in Consiglio, che si ponesse fine alla logica clientelare delle stabilizzazioni. Spieghiamo.
La legge della PA "prevederebbe" che in PA si entrasse solo per concorso.
Non venendo emessi i concorsi, lo Stato quando ha necessità di sostituire ruoli vacanti "dovrebbe" seguire un solo principio: attingere alle graduatorie.
Questo perché la PA non è un'impresa privata, che giustamente sceglie i propri dipendenti in base alle sue necessità. La PA ha anche un ruolo sociale, dunque deve tenere conto, in fase di assunzione (e tale principio è tenuto in considerazione anche nei concorsi), dello stato di famiglia, delle eventuali invalidità, dei titoli di studio, dell'esperienza precedente ecc.
Ma a chi gestisce la PA (e al di là delle vuote parole di "indipendenza", è sempre e solo la politica) dover assumere cittadini magari bisognosi o difficilmente occupabili nel privato, va stretto: i politici vogliono scegliersi i dipendenti, meglio ancora se tra i propri "clientes", per quanto professionalmente preparati.
Dunque né concorsi (che si dovrebbero truccare) né graduatorie (che si dovrebbero aggirare) ma borse di studio e convenzioni ad personam, cioè contratti privati applicati al pubblico, che lasciano una discrezionalità necessaria per il settore privato, indecente per la PA.
E questo aggiramento delle norme è solo la prima parte del problema.
La seconda parte è che quando un lavoratore assunto dalle graduatorie presta servizio per diversi anni in PA, si deve prevedere una sua stabilizzazione, è sacrosanto.
Secondo noi in PA si deve entrare solo per concorso.
In subordine, per chi assunto dalle graduatorie si deve prevedere un automatismo per cui raggiunti i 5 anni di precariato, con annesse decurtazioni dello stipendio, dei periodi di ferie e senza riconoscimento dell'anzianità di servizio, si stabilizzi il lavoratore senza necessità di interventi della politica.
Oggi il precariato serve a permettere ai politici di far passare come un favore, in periodi elettorali, una stabilizzazione che invece è un diritto! Prevedere un automatismo che non richieda l'intervento del governo sarebbe un buon viatico per interrompere il precariato stesso, che non interesserebbe più a chi vuole continuare a contrabbandare diritti in cambio di voti, o a chi spaccia ai lavoratori conquiste sindacali inesistenti!
Infine, per chi lavora in PA con contratti privati di lavoro subordinato, non avendo seguito iter di selezione tutelanti le condizioni familiari (come le borse di studio e le convenzioni), non si può prevedere alcuna stabilizzazione. Questo è non solo un atto clientelare, a cui si prestano governo e sindacati, ma addirittura, come dice la Mazza, un'aberrazione!
Comprendiamo le considerazioni di chi, occupato per anni in PA con tali contratti, rivendica una priorità nell'assunzione.
Come appena scritto, però, per noi in PA si deve entrare solo per concorso o tramite graduatorie. A chi nel frattempo ha maturato anzianità di servizio in PA con contratti privati (che dovranno andare a esaurimento), venga riconosciuto un punteggio di anzianità di cui tener conto in appositi concorsi pubblici successivi al fabbisogno.
Ma riconosciamolo: è indecente e irragionevole trasformare, dietro comando politico, un contratto da privato a pubblico. Questa è una vergognosa infornata pre-elettorale.
Oltre la ragionevolezza continua a potere, nonostante le dichiarazioni di purezza fuori tempo di alcuni partiti, la insistente volontà clientelare che non avrà fine se non con un radicale cambio di persone ai vertici della politica.
Movimento RETE
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