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USL: "Gender gap purtroppo ancora presente nel mondo del lavoro, urge riflettere su come poterlo contrastare"

15 mag 2024
USL: "Gender gap purtroppo ancora presente nel mondo del lavoro, urge riflettere su come poterlo contrastare"

Il gender gap, gradino che identifica il divario fra genere maschile e femminile nel mondo, è purtroppo presente, a volte palesemente, a volte sotto un’apparente uguaglianza. La parità di genere è diventato il leitmotiv di tantissimi convegni. I fari si sono finalmente accesi sul problema gigantesco della discriminazione di genere. Più e più volte si è posto l’accento che esiste anche la violenza economica ma forse su questo tema si è detto tanto e fatto poco. A San Marino grazie ai contratti con validità erga-omnes le cose vanno certo meglio che altrove e tuttavia non si può far finta che non vi siano casi in cui le donne sono pagate meno perché magari assunte con livelli più bassi, o che ad alcune di esse il mondo del lavoro non riservi la formula del part-time involontario. Il nostro Paese del resto non viene preso in considerazione all’interno del report sul gender gap stilato dal World Economic Forum che per l’anno 2023 collocava la vicina Italia al 79esimo posto della classifica, dopo Kenya e Uganda. Analizzando il corposo documento emergono le criticità che hanno dato luogo a quel risultato. Anzitutto in Italia solo il 4% delle top manager è donna e il fatto che tra i 25 e i 34 anni le quote di laureate siano di gran lunga superiori ai laureati (35,5% contro 23%) rappresenta in realtà un vantaggio effimero visto che non si traduce in maggiori opportunità lavorative e di retribuzione. Un fenomeno questo di recente denunciato anche in un convegno organizzato dall’ordine degli Architetti sammarinesi: nonostante siano donne la gran parte di coloro che si laureano in architettura, al momento di esercitare la professione sembra esserci, dati e numeri alla mano, più di qualche ostacolo. Purtroppo questa dinamica non appartiene solo a questa categoria. Nel report si parla inoltre di come le donne continuino ad essere discriminate anche quando vanno in pensione perché se hanno percepito una retribuzione più bassa, avranno di conseguenza pensioni con importi minori rispetto a quelle degli uomini. Per non parlare della perdita di contribuzione durante i periodi di aspettativa post partum, spesso necessariamente più lunghi dei pochi mesi in cui anche i contributi figurativi vengono riconosciuti. Dunque pur avendo una speranza di vita più alta sono di fatto condannate ad affrontare più difficoltà economiche e subirebbero, stando a quanto si legge nel report, anche una discriminazione dal punto di vista sanitario perché i farmaci gratuiti sarebbero formulati in base a test su campioni prevalentemente maschili. Innumerevoli volte abbiamo inoltre posto l’accento sulla necessità di fare una riflessione a trecentosessanta gradi sull’importanza di chi è più avanti con l’età, investendo risorse e rendendo loro accessibili costosi integratori a volte indispensabili per il rispettivo benessere. L’auspicio è che si possa andare verso una stagione dove la donna possa vantare realmente pari diritti e che questo accada tanto mentre lavora quanto quando va in pensione.

c.s. Unione Sammarinese Lavoratori - USL





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