Al centro della nuova inchiesta, con l'arresto di Fiorenzo Stolfi, c'è Fin Project, che per gli inquirenti ha potuto disporre di centinaia di milioni di euro proveniente per lo più da reati commessi da organizzazioni criminali. E spunta anche Finmeccanica. L'ex segretario di Stato sarà ascoltato domani.
La Fin Project, finanziaria collegata alla fu Banca Commerciale Sammarinese, era il polmone finanziario del gruppo criminale al centro della nuova inchiesta. Questa la grave accusa degli inquirenti. L'attività della finanziaria era doppia, ma una era coperta da una impenetrabile coltre: ufficialmente le movimentazioni erano irrisorie, nell'altra si gestivano transazioni milionarie. Anche la compagine sociale appare anomala agli inquirenti: per il 20% di Gianluca Bruscoli, ma all'80% di un cittadino libico, Mohamed Mohamed Kankun. Chi è? Apparentemente, un funzionario statale libico, vicino a uno dei figli di Gheddafi. Secondo esponenti di Fin Project, ascoltati dalla magistratura, gli ingenti fondi messi a disposizione di Kankun erano “retrocessioni” di “tangenti” pagate all'apparato burocratico libico. Nel 2011 Kankun pare aver abbandonato l'attività di dirigente per diventare attivista dei diritti umani. Per gli inquirenti, altri non è che un prestanome. Una persona interposta, un filtro, al fine di dissimulare l'identità dei veri soci. Dalle carte di Bruscoli emerge che egli deteneva la maggioranza di quote della Banca Commerciale Sammarinese, per il tramite di Fin Project, sia per conto proprio sia per conto di terzi. Tra questi ultimi almeno un 3% riconducibile a Fiorenzo Stolfi, socio innominato, 3% a Roberti, 10% a Moretti-Ragini. L'associazione per delinquere composta, secondo il tribunale, da Stolfi, Roberti, Moris Faetanini (arrestato ieri e ritenuto prestanome di Stolfi), Gian Luca Bruscoli, Nicola Tortorella, Fin Project e Casati srl, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, vista la liquidazione coatta amministrativa, aveva stabilito un collegamento con l'operatività finanziaria della criminalità organizzata, specie italiana ma non solo; i fondi captati provenivano in buona parte dal riciclaggio di somme fornite dalla mafia. E si parla di somme immense. Bonifici e mandati fiduciari per centinaia di milioni di euro, dai nomi grotteschi come “Cinghiale”, “Muflone”, “Maiale”, e “Mondo”, il mandato che faceva capo a Kankun, gestito da Tortorella, e movimentato per decine di milioni di euro. Eppure risulta che Kankun chiese rimborsi delle spese di soggiorno, buoni benzina, che mal si conciliavano con le ampissime disponibilità di denaro movimentato a suo nome. L'intreccio con le vicende italiane diventa complesso quando emergono somme provento di reato su conti correnti accesi presso Banca Commerciale e collegati ad altri mandati intestati a Tommaso Di Lernia, Marco Iannilli ed altri, nomi noti alle cronache giudiziarie italiane perché collegati all'inchiesta Enav-Finmeccanica, che causò una serie di arresti per reati che andavano dalla bancarotta fraudolenta al riciclaggio. Da un ulteriore mandato i fondi venivano trasferiti in parte sempre per il “Mondo” di Kankun, e in parte usati per consentire a Raffaello Rizzo (già esponente Enav) e a Di Lernia di aderire allo “scudo fiscale ter”.
FB
La Fin Project, finanziaria collegata alla fu Banca Commerciale Sammarinese, era il polmone finanziario del gruppo criminale al centro della nuova inchiesta. Questa la grave accusa degli inquirenti. L'attività della finanziaria era doppia, ma una era coperta da una impenetrabile coltre: ufficialmente le movimentazioni erano irrisorie, nell'altra si gestivano transazioni milionarie. Anche la compagine sociale appare anomala agli inquirenti: per il 20% di Gianluca Bruscoli, ma all'80% di un cittadino libico, Mohamed Mohamed Kankun. Chi è? Apparentemente, un funzionario statale libico, vicino a uno dei figli di Gheddafi. Secondo esponenti di Fin Project, ascoltati dalla magistratura, gli ingenti fondi messi a disposizione di Kankun erano “retrocessioni” di “tangenti” pagate all'apparato burocratico libico. Nel 2011 Kankun pare aver abbandonato l'attività di dirigente per diventare attivista dei diritti umani. Per gli inquirenti, altri non è che un prestanome. Una persona interposta, un filtro, al fine di dissimulare l'identità dei veri soci. Dalle carte di Bruscoli emerge che egli deteneva la maggioranza di quote della Banca Commerciale Sammarinese, per il tramite di Fin Project, sia per conto proprio sia per conto di terzi. Tra questi ultimi almeno un 3% riconducibile a Fiorenzo Stolfi, socio innominato, 3% a Roberti, 10% a Moretti-Ragini. L'associazione per delinquere composta, secondo il tribunale, da Stolfi, Roberti, Moris Faetanini (arrestato ieri e ritenuto prestanome di Stolfi), Gian Luca Bruscoli, Nicola Tortorella, Fin Project e Casati srl, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, vista la liquidazione coatta amministrativa, aveva stabilito un collegamento con l'operatività finanziaria della criminalità organizzata, specie italiana ma non solo; i fondi captati provenivano in buona parte dal riciclaggio di somme fornite dalla mafia. E si parla di somme immense. Bonifici e mandati fiduciari per centinaia di milioni di euro, dai nomi grotteschi come “Cinghiale”, “Muflone”, “Maiale”, e “Mondo”, il mandato che faceva capo a Kankun, gestito da Tortorella, e movimentato per decine di milioni di euro. Eppure risulta che Kankun chiese rimborsi delle spese di soggiorno, buoni benzina, che mal si conciliavano con le ampissime disponibilità di denaro movimentato a suo nome. L'intreccio con le vicende italiane diventa complesso quando emergono somme provento di reato su conti correnti accesi presso Banca Commerciale e collegati ad altri mandati intestati a Tommaso Di Lernia, Marco Iannilli ed altri, nomi noti alle cronache giudiziarie italiane perché collegati all'inchiesta Enav-Finmeccanica, che causò una serie di arresti per reati che andavano dalla bancarotta fraudolenta al riciclaggio. Da un ulteriore mandato i fondi venivano trasferiti in parte sempre per il “Mondo” di Kankun, e in parte usati per consentire a Raffaello Rizzo (già esponente Enav) e a Di Lernia di aderire allo “scudo fiscale ter”.
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