Quel giorno in tribunale a Rimini, il Maresciallo Gabriele Gatti, era presente su mandato dell'autorità giudiziaria sammarinese e non per chissà quali altre ragioni, almeno a giudicare dall'ordinanza. Se questo fosse confermato la posizione del gendarme indagato si modificherebbe sensibilmente e sarebbe ridimensionata parte di una vicenda contorta e complicata. E' una storia che di edificante ha ben poco, compresa la credibilità di chi ha il compito istituzionale di tutelare i cittadini, come il poliziotto Marco Massini, 49 anni, assistente capo, all'epoca in forze alla Questura di Rimini. Secondo l'accusa avrebbe intascato denaro dall'investigatore privato, Salvatore Vargiu, per incastrare un uomo impegnato nella separazione dalla ormai ex compagna e in lotta giudiziaria per l'affidamento della figlia. A Vargiu si era rivolta la signora, sempre secondo l'accusa, per chiedere di minare la credibilità morale dell'ex. Come nei più scontati telefilm americani ecco il colpo di genio: piazzare droga nella macchina del malcapitato, fermarlo durante un controllo e metterlo nei guai. Ma l'espediente non riesce e il castello crolla. Non solo. Le indagini della Guardia di Finanza svelano il ruolo dell'agente Massini e scoprono che per il servizio avrebbe ottenuto una ricompensa di 9 mila euro. La questione si complica con la denuncia, da parte della vittima della macchinazione, di due gendarmi, ritenuti coinvolti. Quella presenza del Maresciallo Gatti in tribunale viene considerata come una sorta di conferma, ma come detto, lui era lì su mandato di un giudice civile. E in questo caso le cose cambiano. Anche per l'altro gendarme, Stefano Bernacchia, la posizione potrebbe chiarirsi. Al momento sono in corso ulteriori accertamenti da parte della magistratura sammarinese, alla luce anche delle recenti perquisizioni. Le prossime ore saranno decisive per capire qualcosa di più sull'intera vicenda.
Sergio Barducci
Sergio Barducci
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