Mario Amati, figlio di Lucio ex presidente di Credito Sammarinese, ha accolto serenamente la notizia del rinvio a giudizio da parte del Gup di Catanzaro: “Aspettiamo con estrema serenità le udienze dibattimentali – ci ha detto – Grazie all'importante numero di persone che la nostra difesa chiamerà a testimoniare, siamo certi che emergerà chiaro il clima che si respirava all'interno della banca, soprattutto il rapporto tra direttore generale e presidente, mio padre. Una serie di elementi pesanti. Hanno sempre parlato del fatto che alla banca servivano capitali, ma nulla è mai trapelato sui rapporti interni”. Amati sostiene che fosse “cosa nota” il fatto che il direttore generale, Valter Vendemini, agisse in piena libertà e autonomia nel Credito Sammarinese, e conta sui testimoni che saranno chiamati a Catanzaro il prossimo 19 giugno e che, secondo lui, potranno confermarlo. Anche a San Marino l'indagine è praticamente chiusa, la formale contestazione di reato, ossia riciclaggio, è stata inviata a tutti gli indagati, una quindicina di persone. Purtroppo l'Italia deve ancora rispondere alla metà delle rogatorie inviate, per questo l'istruttoria non può tecnicamente chiudersi. Il problema sorge nel momento in cui le rogatorie devono essere inviate a diverse Procure d'Italia, dalla Calabria al Piemonte: ognuna di queste ha i suoi tempi per rispondere. Sembra quasi che l'Italia, dopo aver favorito i primi arresti a San Marino, nel luglio di due anni fa, degli ex vertici di Credito Sammarinese, ora voglia attendere l'esito del suo processo. Due anni fa fu comunque l'allora procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, oggi presidente del Senato, ad imporre a Catanzaro di passare tutti gli atti a San Marino, intercettazioni comprese, affinché agisse subito. Fu il modo con cui l'antimafia volle dare alla Repubblica la chance di dimostrare concretamente che il vento era cambiato, sul riciclaggio e sulle infiltrazioni malavitose.
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