I forti timori, in occasione del “Giorno della rabbia” - indetto dai palestinesi contro la decisione di Trump -, si sono purtroppo rivelati fondati. I primi scontri – con le forze di sicurezza dello Stato ebraico – sono iniziati al termine delle preghiere del venerdì, con particolare intensità a Gaza, dove un manifestante è morto ed un altro è rimasto gravemente ferito. “Durante i disordini i soldati israeliani hanno sparato selettivamente contro due principali istigatori e i colpi sono stati confermati”. Questo il comunicato dell'esercito. Oltre 200 i feriti in Cisgiordania; la maggior parte dei quali intossicati da gas lacrimogeni. Più tranquilla, paradossalmente, la situazione a Gerusalemme, alla Spianata delle Moschee, dove si è registrata solo qualche scaramuccia. Da registrare l'appello del Grande Imam di al-Azhar - ai governi dei paesi del mondo islamico, e alle Nazioni Unite - affinché agiscano con decisione per “bloccare l’applicazione della decisione statunitense di trasferire l’ambasciata a Gerusalemme”. Tutto ciò in una giornata tragica per l'ONU: almeno 14 peacekeeper sono infatti rimasti uccisi in un attacco nella Repubblica democratica del Congo, nella turbolenta provincia del North Kivu. 40 i feriti. Non ancora identificati gli autori dell'azione.
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