Se l'auto avesse rispettato i limiti di 50 chilometri orari "sia reagendo e frenando, sia continuando a velocità costante, l'incidente sarebbe stato interamente evitato" e Nicky Hayden non avrebbe perso la vita. E' la conclusione a cui è giunto il consulente Orlando Omicini, incaricato dal sostituto procuratore Paolo Gengarelli, di analizzare l'ipotesi di evitabilità del sinistro che lo scorso 22 maggio a Misano Adriatico è costato la vita al pilota statunitense di Superbike. Hayden è deceduto a 36 anni all'Ospedale Bufalini di Cesena, dopo che era stato investito da una Peugeot 206 mentre si allenava in bicicletta. La Procura della Repubblica di Rimini ha notificato il 415 bis, la conclusione indagine agli avvocati difensori. Per la Procura vi è stata un concorso di condotte colpose indipendenti che hanno causato l'evento. Una corresponsabilità data pure dal fatto che Hayden si è immesso in bici in un incrocio ad una velocità di 20,6 chilometri orari "omettendo di fermarsi e dare la precedenza".
All'automobilista, un 30enne di Misano, viene contestato l'omicidio stradale "perché, in concorso di cause indipendenti con la condotta colposa del ciclista ne cagionava la morte per colpa consistita in negligenza ed imprudenza - non avendo mantenuto una condotta di guida adeguata in relazione alle condizioni di luogo - e comunque per colpa consistita in inosservanza delle norme sulla disciplina della circolazione stradale".
All'automobilista, un 30enne di Misano, viene contestato l'omicidio stradale "perché, in concorso di cause indipendenti con la condotta colposa del ciclista ne cagionava la morte per colpa consistita in negligenza ed imprudenza - non avendo mantenuto una condotta di guida adeguata in relazione alle condizioni di luogo - e comunque per colpa consistita in inosservanza delle norme sulla disciplina della circolazione stradale".
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