E' giunto alle porte di Har Hadar – piccolo insediamento ebraico in Cisgiordania – insieme ad un gruppo di manovali, il 37enne palestinese Nimer Jamal. Si è avvicinato a un gruppo di guardie di frontiera, e ha aperto il fuoco; uccidendone 3, prima di essere eliminato a sua volta. Da Gaza Hamas ha plaudito all'attacco. Ma il premier israeliano Netanyahu punta il dito piuttosto contro l'ANP. “L'attentato terroristico – ha dichiarato - è frutto della sobillazione dell'Autorità Nazionale Palestinese”. Da Israele, in questi giorni, era venuto anche l'unico endorsement al referendum nel Kurdistan iracheno. Secondo i dati diffusi da Erbil, il 93% di coloro che si sono recati alle urne, ha votato per l'indipendenza. Consultazione “incostituzionale”, ha tuonato il premier iracheno Abadi, che - in accordo con Erdogan – ha ordinato manovre militari congiunte al confine. Uno strappo, quello di Massud Barzani, condannato anche da Washington, proprio perché in prospettiva potrebbe avvicinare ancora di più Teheran, Baghdad e Ankara. Mosca, dal canto suo, si era pronunciata da tempo per l'integrità territoriale dell'Iraq. Nel frattempo, riguardo al fronte siriano, dal Cremlino sono volate parole grosse contro l'America, accusata di doppiezza nella lotta contro il terrorismo. Il riferimento è all'uccisione del generale Valery Asapov: ferito a morte da un colpo di mortaio dello Stato Islamico, mentre era impegnato a Deir Ezzor. “Purtroppo è evidente – ha affermato il vice ministro agli Esteri russo - che gli Stati Uniti, pur dichiarando di voler battere l'Isis, di fatto dimostrano il contrario, perché alcuni obiettivi geopolitici sono più importanti”.
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