Nascondigli a catena.
Una fitta rete internazionale di fiancheggiatori albanesi è riuscita a nascondere Paoulin Nikaj, 34 anni, il camionista albanese autore dell’omicidio del connazionale Zyberi Nimet il 17 marzo nel parcheggio della Conad di Misano Adriatico. Ieri l'arresto in un quartiere di Berna, in Svizzera realizzato dalla polizia elvetica. A fornire le coordinate dell’abitazione dell’amico presso il quale aveva trovato riparo sono stati i carabinieri di Riccione impegnati in un’indagine senza tregua, coordinata dal pm Marino Cerioni.
L'uomo ha agito con cautela e prudenza in tutte le fasi, un profilo che secondo gli inquirenti non corrisponde ad un incensurato.
Carismatico, fin da piccolo era considerato il "bambino sfortunato" dalla sua famiglia allargata, orfano di madre, unico maschio, è cresciuto a Rimini a casa di uno zio.
Nella stessa notte dell'omicidio è riuscito ad arrivare fino a Bergamo passando anche per l'Umbria grazie agli appoggi dei connazionali. Ha trovato amici e parenti disposti a coprirlo ed anche a prestargli soldi. Sono 9 gli indagati al momento. L'albanese non aveva più con sé l’arma del delitto quando è stato preso, la pistola 7.65. Aveva già documenti falsi, costati 10mila euro, per scappare negli Stati Uniti. Il movente rimane la faida familiare scatenata da una banale lite al bar. La tragedia si era compiuta sotto gli occhi dei due figli della vittima e della giovane moglie in attesa del terzo. "Non si sarebbe mai costituito - ha riportato il colonello Grasso - perchè intimamente convinto del gesto che ha fatto".
Nel video l'intervista al capitano dei carabinieri di Riccione Antonio De Lise
Una fitta rete internazionale di fiancheggiatori albanesi è riuscita a nascondere Paoulin Nikaj, 34 anni, il camionista albanese autore dell’omicidio del connazionale Zyberi Nimet il 17 marzo nel parcheggio della Conad di Misano Adriatico. Ieri l'arresto in un quartiere di Berna, in Svizzera realizzato dalla polizia elvetica. A fornire le coordinate dell’abitazione dell’amico presso il quale aveva trovato riparo sono stati i carabinieri di Riccione impegnati in un’indagine senza tregua, coordinata dal pm Marino Cerioni.
L'uomo ha agito con cautela e prudenza in tutte le fasi, un profilo che secondo gli inquirenti non corrisponde ad un incensurato.
Carismatico, fin da piccolo era considerato il "bambino sfortunato" dalla sua famiglia allargata, orfano di madre, unico maschio, è cresciuto a Rimini a casa di uno zio.
Nella stessa notte dell'omicidio è riuscito ad arrivare fino a Bergamo passando anche per l'Umbria grazie agli appoggi dei connazionali. Ha trovato amici e parenti disposti a coprirlo ed anche a prestargli soldi. Sono 9 gli indagati al momento. L'albanese non aveva più con sé l’arma del delitto quando è stato preso, la pistola 7.65. Aveva già documenti falsi, costati 10mila euro, per scappare negli Stati Uniti. Il movente rimane la faida familiare scatenata da una banale lite al bar. La tragedia si era compiuta sotto gli occhi dei due figli della vittima e della giovane moglie in attesa del terzo. "Non si sarebbe mai costituito - ha riportato il colonello Grasso - perchè intimamente convinto del gesto che ha fatto".
Nel video l'intervista al capitano dei carabinieri di Riccione Antonio De Lise
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