La frequenza e la distribuzione della strongiloidiasi, infezione intestinale provocata da un parassita dei paesi tropicali e subtropicali, sono simili a quelle nel nord Italia. Ed è necessario un controllo medico maggiore sulla popolazione della Repubblica. Sono questi risultati della ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Cambridge university press, che la dottoressa Anna Chiara Piscaglia ha portato avanti con Emanuele Cappella e Samanta Manoni dell'ISS, con Annamaria Cadioli dell'Ospedale di Rimini e con Ronaldo Silva e Dora Buonfrate dell'Ospedale Sacro Cuore Don Calabria in provincia di Verona.
Lo studio, svolto a San Marino, è stato suddiviso in due parti. La prima consiste nell'analisi di due casi di pazienti infettati dal parassita. Uno è morto per via delle complicazioni e delle compromesse condizioni cliniche generali. La seconda parte consiste in un'indagine epidemiologica, ovvero un'indagine sulla popolazione. Lo screening è durato un anno e ha coinvolto 43 pazienti. In due sono risultati positivi all'infezione.
Il parassita, diffuso nei paesi tropicali e subtropicali, vive e si riproduce nell'intestino. L'uomo lo contrae dal terreno, attraverso la pelle, in condizione di scarsa igiene e mancato smaltimento delle acque reflue. L'infezione può portare alla morte in soggetti con un sistema immunitario compromesso. Nel bacino Mediterraneo chi rischia di contrarre l'infezione sono i lavoratori agricoli e chi ha vissuto la propria giovinezza in zone rurali.
Nel video le interviste a Anna Chiara Piscaglia (Gastroenterologa ISS) e Emanuele Cappella (Medicina Trasfusionale e Patologia Clinica ISS)