2 anni di prigionia e 9 mesi di interdizione per Loris Zavoli, al quale è stata tuttavia concessa la sospensione condizionale della pena e la non menzione. Al messinese Filippo Bellinghieri, invece, il Giudice Battaglino ha inflitto 2 anni e 4 mesi di prigionia ed 1 anno di interdizione. Disposta, per entrambi, la confisca fino alla concorrenza dell'intero importo di quanto - secondo il Commissario della Legge - riciclato. La somma – come noto – era di 65.000 euro: l'ammontare del conto aperto nel 2010 – presso Euro Commercial Bank – intestato a Filippo Bellinghieri. Ma quest'ultimo sarebbe stato un semplice prestanome, mentre il reale beneficiario era lo zio, Giuseppe Bellinghieri: convitato di pietra di questo procedimento, e definito dalle Forze dell'Ordine italiane un “criminale di lungo corso”. Il denaro “da ripulire” arrivato a San Marino – questo il teorema accusatorio – era frutto del traffico di stupefacenti; e Zavoli non poteva non essere al corrente della provenienza illecita della somma e del reale beneficiario. Tanto che in una conversazione telefonica – intercettata dalle Autorità italiane - si sarebbe rivolto a Giuseppe Bellinghieri chiamandolo “Don Pippo”. “Non penso di averlo mai chiamato in quel modo”, ha affermato però l'ex vicedirettore di Euro Commercial Bank, nel corso dell'audizione. Zavoli ha ricordato poi che l'adeguata verifica su Filippo Bellinghieri ebbe esito positivo, e che lui si occupò esclusivamente dell'investimento: obbligazioni a medio termine dello stesso Istituto, e – in misura minore – azioni. L'avvocato - durante l'arringa – ha chiesto con forza che venga prodotta copia conforme delle registrazioni delle intercettazioni; affermando poi che – alla luce dell'importo della somma, della mancanza, agli atti, di prove di un accordo con Giuseppe Bellinghieri, e del profilo immacolato del nipote di quest'ultimo – Zavoli non poteva essere a conoscenza di risvolti illegali nella vicenda. La Difesa di Filippo Bellinghieri si è invece concentrata sull'assenza del reato presupposto: il traffico di stupefacenti; poiché successivo alla creazione del conto sul Titano. Ma secondo il Procuratore del Fisco, a dimostrare la certezza della provenienza illecita del denaro, era lo stesso curriculum criminale di Giuseppe Bellinghieri; che non poteva essere imputato, in questo procedimento, poiché all'epoca il reato di autoriclaggio non era ancora in vigore a San Marino.
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