Anche in questa udienza Giovanni Costa, il 64enne originario della provincia di Palermo ma residente a Bologna, era collegato via skype dal tribunale del capoluogo di Regione, dove deve scontare una condanna a 12 anni dopo l'arresto a Santo Domingo, con successiva estradizione. A San Marino l'uomo, secondo la magistratura italiana una sorta di lavatrice per Cosa Nostra che arrivò a riciclare 900 miliardi di lire , deve rispondere di riciclaggio continuato e in concorso con Angelino Coiro, suo coetaneo di Bologna, che oggi era presente in aula. Le movimentazioni, per quanto riguarda il filone sammarinese, sono a confronto poca cosa: 200 mila euro, attraverso mandati ed intestazioni fiduciarie. Secondo il giudice inquirente, Costa avrebbe occultato i soldi di 'Cosa Nostra' sotto forma di partecipazione - al 94% - nella compagine di 'Costa Costruzioni spa'. All'epoca dello scudo fiscale di Tremonti, Costa tentò un rimpatrio 'giuridico' indicando alla fiduciaria Ge.Fin Angelino Coiro come titolare effettivo della sua partecipazione. L'apertura dell'indagine scaturì da una segnalazione dell'Aif: sotto la lente dell'udienza proprio questa operazione e più in generale tutta la genesi del mandato fiduciario, sul quale è stato ascoltato – tra gli altri- il direttore di Aif Nicola Veronesi. Fa riflettere il fatto che il mandato fosse attivo a metà degli anni novanta: da quando cioè a Costa, come sorvegliato speciale, venne comminato l’obbligo di soggiorno per 5 anni nel comune di Bologna. Tra i testimoni nelle prossime udienze, il 29 novembre ed il 14 dicembre, potrebbe esserci il pentito Tullio Cannella. E' una delle richieste dell'avvocato di Costa, Achille Campagna, sulle quali il commissario della Legge Roberto Battaglino si è riservato
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