Il cosiddetto 'fact checking', che cerca di smascherare soprattutto sul web bufale e affermazioni false, non funziona sulle persone a cui 'piace' la notizia che legge, anche se non veritiera, neanche se è fatto in tempo reale. Lo ha dimostrato uno studio della Ohio State University. I ricercatori, che presenteranno lo studio ad un congresso sul Social Computing a fine febbraio in Texas, hanno diviso 574 adulti, a cui è stato fatto leggere un finto blog politico contenente l'affermazione falsa che le autorità Usa possono avere libero accesso alle cartelle cliniche elettroniche, in tre gruppi. Il primo ha letto sullo schermo del computer la smentita da parte di un gruppo considerato autorevole, il secondo dopo tre minuti e il terzo non ha ricevuto nessuna smentita alla frase. In seguito è stato chiesto ai partecipanti quanto fosse facile per le autorità spiare le cartelle cliniche, e il gruppo che ha ricevuto la smentita è stato solo leggermente più preciso degli altri nella risposta: "Solo chi ha dichiarato prima del test di essere favorevole alle cartelle elettroniche ha 'recepito' la correzione - spiega Kelly Garrett, uno degli autori - mentre i contrari sono rimasti della loro idea. Correggere false convinzioni richiede una vera e propria persuasione, non è sufficiente dare una informazione accurata. Questo spiega perché ad esempio un americano su sei ancora crede che il presidente Obama non sia nato negli Usa nonostante un fact checking più che esaustivo".
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