Da una retata delle SS e relativa decimazione Gilles, profugo belga d'origine ebraica, si finge iraniano (quindi circonciso come gli israeliti) per salvarsi. Catturato finisce in un campo di transito nel Nord-Est della Francia a insegnare il FARSI e la cultura persiana al comandante tedesco che sogna di aprire un ristorante in Iran. Il problema è che deve inventarsi tutto... lingua, cucina e rapporti umani, e magari scappare senza farsi ammazzare. Koch l'ufficiale, che è il padrone, perde sempre le staffe addirittura per la calligafia ma ha uno sguardo amichevole sul suo detenuto preferito. Tra umorismo e pathos la barbarie nazista antiebraica sembra, a tratti, “LA VITA È BELLA” di Benigni. Prologo ed epilogo del copione (e del libro) sono memoria storica filmata (e reiterata) che di questi tempi proprio non fa male.
fz