Nel 2008 cadeva il centenario della nascita di due pittori, Celso Miselli e Giuseppe Piombini, entrambi nati a Bologna nel 1908 ma riminesi a tutti gli effetti avendo vissuto e svolto a Rimini la parte più consistente della loro attività artistica. A venticinque anni dalla morte di Piombini e quindici da quella di Miselli, il Museo della Città coglie l’occasione per ricordarne il valore ed il ruolo innovativo che hanno avuto per lo sviluppo della pittura riminese nell’immediato dopoguerra, con la mostra dal titolo
I due del grattacielo a loro dedicata, curata da Annamaria Bernucci.
Il titolo fa riferimento allo studio che Giuseppe e Celso condividono dal 1960 al 25° piano dell’edificio, dopo averlo avuto in via Tempio Malatestiano e prima di trasferirsi definitivamente nel ’71, in piazza Mazzini sopra la ferramenta Scarpetti della quale Piombini è il proprietario.
Da quel luogo simbolo della crescita e del boom riminese degli anni ’60 si è voluto far partire la parabola artistica di Celso Miselli e Giuseppe Piombini poiché furono tra i primi ad accettare un confronto con nuove formule pittoriche e di ricerca quando ancora le resistenze culturali della città opponevano una pittura conservatrice e di tradizione volta a previlegiare generi come paesaggio, natura morta e ritratto sul solco di un estenuato accademismo.
Grazie alla famiglia e ai nipoti dei due pittori, Andrea Sammarini e Carlotta Piombini è stato possibile comporre questa mostra attraverso un percorso cronologico delle opere, dagli esordi sino agli ultimi lavori e grazie alla puntuale lettura di Sergio Sermasi che ha indagato di entrambi il profilo storico e filologico, l’attività nel contesto dei premi Morgan’s Paint, Biennale del Mare e della nutrita partecipazione ad esposizioni e mostre tra il ’60 e l’80 è stato possibile riannodarne la formazione e l’ attività.
L’approdo all’astrazione sia per Piombini che per Miselli avviene per affinità con il loro pensiero verso il nuovo, la stessa urgenza che li aveva indotti con comune sintonia emozionale, per un decennio, dal ’60, a condividere fraternamente l’atelier al grattacielo dove la sperimentazione significava voglia di lasciarsi alle spalle nostalgie e tentazioni neo realiste. Arcangeli parlava di ‘distacchi’ a proposito dei lenti avvicendamenti delle correnti artistiche e il duo Miselli Piombini, come poi anche Mario Valentini seppe indirizzarsi sulle strade del cambiamento.
In mostra oltre 60 opere dagli anni ’40 in avanti percorrendo, dai ritratti dei familiari e dai paesaggi, fasi di crescita e maturazione, da una pittura figurativa e di affinità neo realiste degli anni ’60 l’astrazione, basata sia sulla ricerca del rapporto tra valori tonali del colore, sia sull’accostamento all’espressionismo astratto dai tratti rapidi e accesi.
I due del grattacielo a loro dedicata, curata da Annamaria Bernucci.
Il titolo fa riferimento allo studio che Giuseppe e Celso condividono dal 1960 al 25° piano dell’edificio, dopo averlo avuto in via Tempio Malatestiano e prima di trasferirsi definitivamente nel ’71, in piazza Mazzini sopra la ferramenta Scarpetti della quale Piombini è il proprietario.
Da quel luogo simbolo della crescita e del boom riminese degli anni ’60 si è voluto far partire la parabola artistica di Celso Miselli e Giuseppe Piombini poiché furono tra i primi ad accettare un confronto con nuove formule pittoriche e di ricerca quando ancora le resistenze culturali della città opponevano una pittura conservatrice e di tradizione volta a previlegiare generi come paesaggio, natura morta e ritratto sul solco di un estenuato accademismo.
Grazie alla famiglia e ai nipoti dei due pittori, Andrea Sammarini e Carlotta Piombini è stato possibile comporre questa mostra attraverso un percorso cronologico delle opere, dagli esordi sino agli ultimi lavori e grazie alla puntuale lettura di Sergio Sermasi che ha indagato di entrambi il profilo storico e filologico, l’attività nel contesto dei premi Morgan’s Paint, Biennale del Mare e della nutrita partecipazione ad esposizioni e mostre tra il ’60 e l’80 è stato possibile riannodarne la formazione e l’ attività.
L’approdo all’astrazione sia per Piombini che per Miselli avviene per affinità con il loro pensiero verso il nuovo, la stessa urgenza che li aveva indotti con comune sintonia emozionale, per un decennio, dal ’60, a condividere fraternamente l’atelier al grattacielo dove la sperimentazione significava voglia di lasciarsi alle spalle nostalgie e tentazioni neo realiste. Arcangeli parlava di ‘distacchi’ a proposito dei lenti avvicendamenti delle correnti artistiche e il duo Miselli Piombini, come poi anche Mario Valentini seppe indirizzarsi sulle strade del cambiamento.
In mostra oltre 60 opere dagli anni ’40 in avanti percorrendo, dai ritratti dei familiari e dai paesaggi, fasi di crescita e maturazione, da una pittura figurativa e di affinità neo realiste degli anni ’60 l’astrazione, basata sia sulla ricerca del rapporto tra valori tonali del colore, sia sull’accostamento all’espressionismo astratto dai tratti rapidi e accesi.
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